Quattro anni, quasi un lustro, un periodo importante, che rappresenta per un giornale online, un traguardo considerevole, specialmente quando l’ideazione, la conduzione, la programmazione sono affidate e curate da un uomo che ancora non ha raggiunto i trent'anni: Rocco Della Corte.
di Emanuele Cammaroto
VELLETRI - In occasione di questo quarto anniversario, abbiamo chiesto a Rocco, che diverse volte ha ospitato il mio pensiero in questo contenitore, di raccontarci la genesi ed il futuro di questa sua creatura. Lo abbiamo incontrato, come al solito, nel suo “bunker”, ricavato in un’appendice delle mura della casa di famiglia, tra i suoi libri e le sue riproduzioni di trenini: due tra le sue grandi passioni. A quattro anni di distanza dall'esordio, quali sono state le difficoltà (anche burocratiche) maggiori incontrate per organizzare e portare avanti le attività quotidiane?
Le difficoltà maggiori sono sia di natura economica che organizzativa. La prima sottintende la seconda, perché si fa fatica – soprattutto a livello telematico – nel far comprendere la tipologia di prodotto. Se le entrate pubblicitarie non sono fisse, o comunque cospicue, diventa difficile trovare le forze umane che coprano gli eventi, diano spunti, partecipino attivamente alle conferenze. Viene a mancare la divisione dei ruoli canonici di una Redazione, e bisogna operare delle scelte precise sulla linea editoriale essendo il lavoro concentrato su una o al massimo due persone. Inoltre Velletri è una città grande, altro che “paese”, ed è impossibile seguire tutto: un’estensione territoriale di poco inferiore a quella di Napoli, una popolazione che sfiora i 60.000 abitanti e tantissime notizie ogni giorno… Non tutte possono essere approfondite. La facilità con cui oggi si fanno circolare le news, inoltre, sfuma l’autorità del Giornale. Spesso una notizia appresa sui social viene data per buona anche se l’ha pubblicata una pagina satirica o un blog non iscritto al Tribunale.
Come sopravvive, anche economicamente ma non solo, una realtà come la tua?
La sopravvivenza è dovuta solo ed esclusivamente agli sponsor che pubblicizzano la loro attività sul nostro sito, e ai quali rivolgo un pubblico ringraziamento per la fiducia che ripongono verso la testata. Se prima internet esisteva limitatamente, per un ragazzo vedere la propria firma su un giornale cartaceo era una soddisfazione che affascinava e gratificava. Oggi, con una società di incertezze e con un marasma infinito come il web, nessuno giustamente scrive per la gloria. L'unico motivo per cui si resta in piedi è la passione: con introiti oscillanti, impegni costanti e in continuo aumento, e l’attenzione da riporre ad ogni singola riga pubblicata per evitare errori, allarmismi, inesattezze (cose che pure possono capitare) solo la tenacia può indurre a “resistere”. Il mondo giornalistico telematico vive un paradosso: è quello del futuro, il più seguito, ma va incontro ad una svalutazione inaccettabile. Il cittadino spesso afferma, in merito ad una notizia di qualsiasi natura, “o so letto sopra o ‘ggiornale”. Battuta a parte, intendo dire che la dispersività del web porta a non si distinguere una testata dall'altra o a scambiare gruppi facebook per notiziari. Questo fenomeno si abbina alla tendenza, sempre più forte, di non aprire i link: si legge solo il titolo e non l’articolo. Alle volte osservando i commenti sottostanti ad un articolo si trovano post e domande a cui si troverebbe risposta semplicemente leggendo. Il motivo sta nel fatto che il lettore spesso naviga per svagarsi e non esclusivamente per informarsi, ma quando una questione interessa sarebbe meglio approfondire più possibile.
Già dal nome, si intuisce il forte legame della testata con il territorio. Perché creare un giornale on-line per un target limitato e come si coniuga il “paradosso” di un canale di informazione locale e concentrato sulla città che si poggia su una piattaforma che basa la sua forza la sua peculiarità sulla mancanza di confini geografici?
Non è una contraddizione né un paradosso. Il legame della testata è con il territorio perché Velletrilife.com nasce dalle ceneri del vecchio giornale cartaceo delle associazioni. Il target non è limitato per definizione: internet arriva ovunque, spesso controllando le statistiche mi stupisco di trovare visite dall'Armenia, dal Canada, dall'Australia... È chiaro che la linea editoriale fa attenzione a ciò che accade in città, ma l’obiettivo rientra in un ambizioso (e non attuabile nell'immediato) piano di “sprovincializzazione”. Legare il nome di Velletri ad una testata giornalistica on line, quindi senza confini, significa portare Velletri fuori dai suoi stessi confini. L’ispirazione può essere quella di giornali come “Il piccolo” di Trieste, “Il resto del Carlino” di Bologna, “Il Mattino” di Napoli. Testate, con una vasta parte telematica, che nascono da una precisa città e poi diventano praticamente voci nazionali. Penso che Velletri sia sottovalutata, spesso aleggia un clima disfattista che non giova. I problemi ci sono, spesso li affrontiamo anche noi con inchieste o facendo domande a chi ci rappresenta, ma se leggiamo le notizie relative a Padova, Milano, Genova, troviamo sempre l’incidente stradale dovuto alla rotatoria che non si costruisce, il degrado in pieno centro, la rapina, il furto nella periferia e così via. Se il problema fosse solo Velletri, basterebbe cambiare città. L’intento è quello di far crescere il progetto con un radicamento sul territorio importante, anche in riferimento alle aziende del posto che possono far pubblicità contando su uno zoccolo duro di dieci o quindicimila lettori veliterni ma esportare anche le attività degli stessi sponsor, oltre agli eventi cittadini, fuori dal confine. Si tende a dare un servizio pubblico e un’immagine della città che non sia né mitizzata né denigrata.
Quali prospettive vedi per la tua iniziativa editoriale e quali i più insidiosi ostacoli che pensi si prefigurano nel breve, medio e lungo periodo?
Crescita continua, un impianto redazionale più strutturato, e una differenziazione rispetto alla canonica conduzione di un giornale. Se Velletri Life vuole tener fede al proprio intento, deve avere delle idee chiare sugli argomenti da trattare e su come trattarli. Gli ostacoli che mi aspetto, invece, riguardano il pubblico e la parte marketing: è difficile, in tempi di fretta e immediatezza, di flash news e di corsa contro il tempo, spiegare tale visione. In più noto spesso, e ciò mi rincresce, che non ci si rende neanche conto della mole di lavoro che sta dietro a quei quattro-cinque-otto articoli che la Redazione cerca di garantire quotidianamente ai lettori, fissi o nuovi. Smistare i comunicati stampa, sbobinare interviste, scrivere redazionali, pezzi di inchiesta, stare sul pezzo cercando di non dimenticare nessuno è qualcosa di sovrumano. Eppure l’impressione che il Giornale on line sia un gioco, poco più che un profilo facebook, appartiene a tanti. Non è affatto così: rispondere alle email, ascoltare i lettori, approfondire le questioni che vengono sottoposte è un lavoro in piena regola, sia per fatica che per tempi. Pubblicare una riga su un giornale on line, o su qualsiasi supporto telematico, significa assumersi una responsabilità civile e penale. La leggerezza spesso fa brutti scherzi, quindi sono dispiaciuto quando vedo, in generali, attacchi gratuiti nei confronti di giornalisti che magari hanno impiegato molto tempo per offrire un servizio gratuito al cittadino. È chiaro che si possono scrivere cose non condivisibili, esistono pezzi faziosi, ma finché la critica è nel merito si accetta, quando invece è sommaria e priva di basi ci si rimane male. Ci si approccia al giornale on line come una specie di forum, dove tutto si può dire e tutto si può fare: non è così, pensiamo che un articolo che dice stupidaggini resterà on line per sempre.
Tu sei molto giovane, quando hai iniziato questa avventura, ancora di più; il giornale, per quanto abbia una non celata preferenza per la cultura e la letteratura in particolare, spazia con interesse ed approfondimento dallo sport alla politica cittadina: hai incontrato resistenze, derisioni, supponenza, dovute proprio all'età, nel confrontarti con i rappresentanti delle realtà sociali e a farti accettare come voce critica autorevole?
Sono sincero: non ho incontrato alcuna supponenza. La paura di essere “snobbati” c’è e delle volte effettivamente accade di imbattersi in qualche atteggiamento superficiale, così come è potuto sembrare presuntuoso irrompere sulla scena editoriale che è occupata da nomi ben più illustri e quotati. Ma ogni volta che mi sono approcciato alle realtà associative, alla politica, alle persone – soprattutto dal vivo e non virtualmente – ho ottenuto riscontri positivi. Se siano sinceri o meno non lo so, ma nessuno mi ha mai ostacolato apertamente. L’autorità, invece, la si conquista con il lavoro. Non tutti condividono il modo di lavorare, ma rispondo sempre a chi me lo fa notare con serenità: di fronte alle critiche cerco di scindere sempre il piano personale da quello professionale. Le sfere si mischiano, l’uomo è il giornalista ed è valido il contrario, ma le mie risposte sono verso il fair play per indole perché non mi piace imbarcarmi in polemiche sterili o attaccare. Internet è una croce e una delizia: meraviglioso che tutti possano esprimersi, dispersivo il fatto che l’espressione divenga spesso uno sfogo senza arte né parte. Non è un’accusa, entrare nel meccanismo non è oggettivamente semplice. Riguardo alla tendenza verso gli aspetti culturali, cito il grande Achille Campanile: «il giornalismo un tempo toglieva uomini alle lettere. Oggi, il che è più grave, ne dà». Io rimango un letterato, la mia carriera professionale non sarà mai quella giornalistica, quindi nel mio caso le lettere mi hanno prestato al giornalismo ma ritorno e ritornerò sempre alla base, alla mia formazione e alle mie predisposizioni mentali e di studio. Ecco perché la cultura mi “accende” ed è preponderante rispetto ad altri aspetti che pure trattiamo.
Mi sembra di intuire che la tua testata si occupi solo marginalmente di cronaca giudiziaria e di costume, è una scelta casuale, ponderata, consigliata o istigata?
È una scelta voluta e ponderata. Trattiamo la cronaca in maniera molto distaccata. Al massimo mettiamo le iniziali della vittima in caso di incidente, non scendiamo nei particolari, utilizziamo quasi sempre foto di repertorio o lontane. È una decisione che nasce da vissuti personali: più volte, con il Giornale già attivo, mi sono trovato coinvolto in prima persona in fatti di cronaca che ho visto “dal vivo”, a due metri da me. La disperazione dei protagonisti, e anche la mia, non si possono rendere appieno nemmeno con un articolo dettagliato. Noi diamo la notizia, e ci fermiamo lì. C’è chi ritiene questo modus operandi grossolano, sommario, non consono alle famose cinque W del giornalismo. Rispecchia però perfettamente le mie esperienze e il mio modo di vedere. Non ho lo scatto del cronista, come mi dice più di qualche amico, dote che molti miei colleghi invece hanno e utilizzano bene. “A ciascuno il suo”, direbbe Leonardo Sciascia.
Al contrario ti occupi e dai molto spazio al dibattito politico. Superando il quasi anacronistico concetto di assoluta obiettività del riporto giornalistico, pensi di riuscire a mantenere un’indipendenza adeguata nel riportare le vicende dei vari schieramenti in campo? E quale strategia, ma anche tattica, utilizzi per conservarla e, magari, rinforzarla?
Ho sempre detto e lo ribadisco che il mio Giornale è aperto da destra a sinistra, per fare informazione politica e non propaganda. In alcuni casi, come nel Referendum dello scorso 4 dicembre, abbiamo sperimentato una sorta di tribuna politica pubblicando contemporaneamente la voce del Sì e la voce del No. Si è sempre dato spazio ai comunicati di tutte le realtà politiche. Anche le interviste credo che siano strategicamente fondamentali per acquisire credibilità di fronte a tutti i cittadini (che sono poi gli elettori) e anche per far capire come la pensano i nostri politici senza filtrare le opinioni. In questo senso la parola d’ordine è “equidistanza”. Il Giornale può elogiare un’iniziativa, amplificarla e divulgarla, ma nasce e resterà equidistante: è un punto di forza basilare per la credibilità. Tendiamo all'obiettività, seppure non oggettiva: c’è il politico più attivo in fatto di stampa, il partito che stenta ad aprirsi, quello che non coinvolge l’informazione. Il tentativo di carpire tutte le posizioni si fa, anche in merito a faccende spinose e polemiche, talvolta non riesce perché non si riceve risposta o perché mancano i tempi tecnici, ma l’impostazione è questa. Posso dire comunque che Velletri Life rimarrà sempre fuori dagli schieramenti politici, né verrà inglobato da questo o da quel partito, al di là dei rapporti personali e delle idee di chi fa parte di questo progetto editoriale.
Tra testate cartacee (sempre meno) e siti di informazione on-line (sempre maggiori) come si colloca la tua iniziativa, quali caratteristiche la rendono diversa dalle altre e quali sono i rapporti (reali, non virtuali), se vi sono, con i direttori/redattori delle altre testate locali?
La mia testata punta a dare un’immagine di Velletri che non sia né quella del Mulino Bianco né quella delle macerie. L’interesse culturale e sportivo caratterizza la linea editoriale rispetto ad altri Giornali che invece prediligono altri ambiti. Credo che Velletri Life sia abbastanza equilibrato nel trattare tutti i temi, anche se in modo diverso. Con la cultura si va in profondità, con la politica si va alla fonte, con la cronaca si resta in una dimensione più superficiale. Riguardo alla carta stampata veliterna, credo di avere buoni rapporti con tutti. Penso che sia doveroso rispettare chi viene prima di me e chi ha dimestichezza con la professione da più anni, ognuno ha il suo spazio e fa bene a mantenerlo. Personalmente, dando per scontato che nessun giornalista locale al giorno d’oggi possa fare a meno della passione, auguro a tutti di riuscire a portare avanti la propria attività. Non metterei mai in atto nessun boicottaggio. Conosco personalmente quasi tutti i direttori delle testate on line e cartacee, con alcuni c’è un rapporto amichevole e anche extra-giornalistico, di stima. Siamo tutti sulla stessa barca e l’auspicio – qui esco fuori dalla domanda - è che i fondi per l’editoria vengano destinati anche alle realtà giornalistiche locali. Trovo ingiusto che un giornale nazionale o politico – già di per sé inserito in un contesto dove “girano” più soldi – possa beneficiare di finanziamenti importanti e realtà locali che sono davvero vicine alla gente debbano vivacchiare mese dopo mese senza essere valorizzate. Se ci fosse un riequilibrio delle risorse le condizioni lavorative sarebbero migliori per tutti e secondo scemerebbero pure delle rivalità che, pur non appartenendomi direttamente, percepisco inconsciamente.