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QUI SI - Referendum, parola a Giorgio Zaccagnini (GD): "Occorre documentarsi perchè si parla di Costituzione"

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Il fronte del Sì continua a sostenere le ragioni di un voto positivo al referendum del prossimo 4 dicembre. A Velletri il dibattito è aperto, si discute di superamento del bicameralismo perfetto, di riduzione dei costi della politica, di maggiore partecipazione dei cittadini, di leggi più rapide, come si legge sul sito del Comitato Velletri Basta un Sì.

Giorgio Zaccagnini, ex segretario dei Giovani Democratici ed esponente del movimento giovanile veliterno, ha risposto ad alcune domande sul prossimo referendum con precisione e chiarezza. La sua posizione a favore del Sì, netta, è stata argomentata con varie riflessioni. Ecco le risposte.

Giorgio Zaccagnini, è stata sciolta la riserva sulla data del Referendum: si voterà il 4 dicembre. Prima di inoltrarsi nelle domande relative alla consultazione, può spiegare – da un punto di vista giovanile e interno ad un partito di maggioranza – perché è importante andare a votare a prescindere dal quesito?

Il voto è un dovere civico del cittadino, come dice la Costituzione, tanto per restare in tema. È l'essenza stessa delle democrazie rappresentative, come la nostra; è lo strumento più incisivo che abbiamo per esprimere le nostre idee al pari degli altri, delegando qualcuno a rappresentarle per noi nelle Istituzioni. Il voto è quel diritto che nessun sentimento o contesto esterno, come per esempio può essere la sfiducia nella classe politica, dovrebbe mai essere in grado di sopraffare. Quello del 4 dicembre è però un voto eccezionale, sulla Costituzione; la sua natura necessariamente tecnica impone all'elettore un sforzo in più: per esprimere consapevolmente la propria opinione occorre documentarsi. 

Sarà un banco di prova difficile per il PD, che si trova praticamente unite e contro tutte le opposizioni dal Movimento Cinque Stelle al centro destra passando per SEL? 

Questo sinceramente conta poco. Si vota sulla Costituzione e la trasversalità degli schieramenti, non a caso, è la dimostrazione che le appartenenze a questo giro lasciano il tempo che trovano. È un banco di prova difficile per chi auspica il successo della riforma, questo è vero, ma più che per l'eterogeneità che caratterizza il fronte del No, perché mi pare siano ancora troppo pochi quelli che l'abbiano letta davvero, da una parte e dall'altra. Il tifo da stadio e l'improvvisazione, ad oggi, continuano a prevalere, purtroppo. 

Votare SI’ è la posizione espressa ufficialmente dal partito: voi GD aderite alla linea dei ‘grandi’ oppure avete delle riserve in merito? 

Anche la direzione nazionale dei Giovani democratici ha recentemente votato per il sostegno alla riforma, credo all'unanimità. Poi ovviamente c'è anche chi dissente, altrimenti non saremmo un partito di sinistra. Ed è libero di farlo perché l'omologazione è sempre e comunque una brutta cosa. Io per esempio voto Si e resto convintamente iscritto all'ANPI.

Perché votare SI’, soprattutto dal punto di vista di un giovane? 

Io voto SI non perché sono giovane, ma perché ho letto la riforma e ho gli strumenti per comprenderla da solo. Dico questo non per mancanza di modestia, ma perché se non li avessi e dovessi affidarmi alla comunicazione che sta caratterizzando questa campagna referendaria per il Si, molto probabilmente ad oggi voterei No. È pessima e imbarazzante quasi come gli spot del Ministero della Salute. Ma a prescindere da questo, non è una questione generazionale. Il mio è un voto a favore del superamento del bicameralismo perfetto, che in una concezione alta della politica dovrebbe servire a migliorare la qualità delle leggi, correggendo gli errori eventuali commessi dalla Camera che analizza per prima il testo. L'ha spiegato alla perfezione il prof. Zagrebelsky nel confronto su La7, peccato però che nella realtà noi abbiamo Razzi e prima di lui abbiamo avuto De Gregorio, solo per citarne due. Questo per dire che la nostra classe politica non è più sottoposta ad una selezione accurata, anzi oggi va di moda il contrario: tutti possono fare politica e le competenze sono un optional con costi troppo elevati. In questo senso, trasformare il Senato in una camera delle regioni, affidandole compiti specifici, significa rafforzare l'impatto che le istanze dei territori possono avere sul governo centrale e, dall'altro lato, permettere ai cittadini di avere un controllo maggiore su una parte dei parlamentari, visto che i 95 senatori saranno i presidenti o i consiglieri regionali e i sindaci, decisamente più a “portata di mano”. Poi il mio è un Sì al rafforzamento del quorum di voti necessario all'elezione del Presidente della Repubblica (i 3/5 dei votanti dal settimo scrutinio, invece della maggioranza assoluta dal quarto com'è oggi e la matematica non è un'opinione) che garantisce alle opposizioni un ruolo di primo piano. Su questo segnalo ai compagni che invece propendono per il No che è stato solo un caso che Berlusconi e Salvini non avessero la maggioranza nel 2006 e nel 2015. E poi c'è la riforma del Titolo V, con la ripartizione specifica delle competenze tra Stato e Regioni e l'eliminazione delle materie concorrenti, sulla quale mi pare concordino anche quegli esponenti del No che hanno letto la riforma. Questi sono, a mio avviso, i punti di forza della riforma che, al netto di quelli che reputo negativi come la mancanza di indennità per i senatori e quindi di incentivo a svolgere quel ruolo e la conferma dell'abolizione delle Province, mi fanno propendere per il Sì. 

Pensi che alla fine il referendum sarà personalizzato intorno alla figura di Renzi, nonostante il premier abbia detto più volte che non si dimetterà anche in caso di esito negativo? 

Il referendum è già personalizzato intorno alla figura di Renzi. È stato lui stesso a procedere in questo senso prima di correggere, secondo alcuni, il tiro quando si è reso conto di aver fornito un assist al fronte del No, che infatti continua tutt'oggi ad utilizzarlo come uno degli argomenti principali della campagna referendaria. Io credo invece che aveva fatto bene, perché in quel caso se avesse vinto il No Renzi avrebbe introdotto nella cultura politica italiana un qualcosa di totalmente nuovo: la sconfitta, con tutte le conseguenze del caso. In Italia infatti non perde mai nessuno, al massimo “non si vince”. A tal proposito consiglio la lettura del libro “Bisogna saper perdere” di Battaglia e Volterra, presentato di recente proprio a Velletri. Ma il punto è anche un altro: vent'anni di berlusconismo hanno sedimentato quella che io chiamo “la cultura dell'anti”, che per qualcuno è si è trasformata in un mantra. Ieri Berlusconi, oggi Renzi: con la differenza, a questo punto casuale, che l'antiberlusconismo era un qualcosa di molto più omogeneo. Non rischiavi, per farla breve, di trovarti a braccetto con Salvini e Casapound ecco, politicamente parlando. Per questo mi dispiace per alcuni che hanno consapevolmente scelto di sacrificare il merito della riforma, pur avendola votata in Parlamento magari, per battaglie di altro tipo. La Costituzione, credo, meriti una considerazione esclusiva. 

Se dovesse vincere il NO, a livello politico, quali scenari si aprirebbero? 

La fantapolitica non mi è mai piaciuta. Credo però che possano essere esclusi gli scenari estremi che vengono paventati da una parte e dall'altra: se vince il Si non sarà regime e se vince il No non sarà catastrofe. Certo se la riforma non passasse, sul fronte del No ricadrebbe la responsabilità politica di avanzare una proposta alternativa che però, data l'eterogeneità delle visioni che compongono quello schieramento, credo sia praticamente da escludere. Una cosa è certa, se vince il No, è lecito aspettarsi almeno l'approvazione di una legge elettorale per il Senato, che eviti l'ingovernabilità, prima di tornare alle urne. 

C’è stata molta confusione, anche sul web, sul quesito referendario. E’ notizia dell’ultim’ora che un partito di opposizione ha depositato un ricorso perché ritiene appunto poco chiara la domanda del referendum. Come rispondi alle polemiche sul quesito?

In verità credo che il ricorso sia stato presentato perché il quesito referendario appare fin troppo chiaro e, per l'opposizione, propagandistico. Mi limito a segnalare che quello è il testo della legge che è stato votato in sei letture da Camera e Senato, senza alcun emendamento che riguardasse il titolo da parte di nessuno. Titolo, tra l'altro, che è lo stesso utilizzato anche dal fronte del No nella fase di raccolta delle firme per chiedere lo svolgimento del referendum. Mi pare quindi una polemica che lascia il tempo che trova. 

A Velletri è nato un Comitato per il SI’? E da chi è composto e come è organizzato? L’amministrazione è compatta per il voto positivo al quesito referendario? 

A Velletri esistono almeno tre comitati per il Sì, se non sbaglio, composti da iscritti al Pd e immagino anche da altre personalità della cosiddetta società civile, come penso sia per i comitati del No. Credo che a breve verranno organizzati dibattiti che spero affrontino esclusivamente il merito della riforma, altrimenti ha poco senso. Io, come ho già detto, se bisogna tifare preferisco andare allo stadio. Sull'orientamento dell'amministrazione comunale, che è espressione di una coalizione, so che il sindaco e i quattro assessori del Pd sostengono la riforma. Credo anche qualche altro assessore, ma sicuramente non tutti a dimostrazione che le appartenenze, ammesso che di queste si possa parlare in questo caso, perdono di senso davanti alla Costituzione. Io stesso dico Sì alla riforma non perché sono iscritto al Pd, ma perché l'ho letta e in questo già so di essere minoranza.

Intervista a cura di Rocco Della Corte

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