Testo
C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi» (Lc 16,19–31).
Commento
C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso.
Chi veste oggi di porpora e di bisso? Non è difficile andare
a pescare nei riti solenni che si svolgono nelle grandi
cattedrali o nelle piazze dove al Papa fanno corona i cosiddetti
“Principi della Chiesa”, uomini illustri che il volgo
chiama “Cardinali”. Nei loro indumenti tutto ciò che si
colora di rosso è “porpora” e, quel che splende di bianco
delicatamente merlettato, è “bisso”.
La porpora e il bisso, che nella parabola del vangelo
sono segno di ricchezza smodata e di chiusura totale alle
esigenze del povero, in alcuni settori delle gerarchie ecclesiastiche
sono la veste che fa la differenza e la diversità
nella scala delle “dignità”. Comunque non è giusto malignare
sui lauti banchetti dei Cardinali, e sulle loro rendite
finanziarie solo perché la tradizione e i rituali li costringe
a vestire in quella maniera.
Un tempo le vesti erano testimonianza di potere e di
ricchezza e segno tangibile della bontà di Dio nei confronti
di chi le indossava, e Dio veniva coinvolto tranquillamente
perfino nei soprusi che questi perpetravano. Gesù provoca
un ribaltamento e la ricchezza “donata” a pochi, perché
ne facciano giustizia con l’elemosina, diventa motivo di
separazione da Dio e dai fratelli.
Un giorno il povero morì [. . . ] Morì anche il ricco.
La morte ancora una volta mette in evidenza la stoltezza
di chi ha dedicato il tempo all’autoaffermazione, ai trionfi
e ora non può più tornare in dietro per una eventuale
tardiva conversione.
Nel tempo che passa c’è sempre qualcosa che può avere
fine, come il male, per esempio; nel tempo che resta c’è
sempre la speranza di rinascere in ciò che è buono. Tutto
si gioca nei giorni che la vita ci concede. Poi ci sarà la
giustizia divina che ricondurrà ciascuno sulla linea dell’Amore,
di quello che non fa differenze. Epulone crollerà
dalle alture del suo egoismo e scoprirà la gioia della condivisione;
Lazzaro, vestito di porpora e di bisso, proverà
finalmente l’ebbrezza del pulito e della tavola imbandita.
I cani, invece, nell’imbarazzo di dover leccare anime senza
corpo, troveranno inutile e noioso aggirarsi in quello
strano mondo che qualcuno chiama paradiso.