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Il ricordo di Luca Leoni: un omaggio nel giorno dell'ultimo saluto a Gaetano Zaralli

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Mi ha sempre colpito la sua andatura svogliata, come se camminasse per senso del dovere, controvoglia. Sembrava un lavoratore al ritorno dal cantiere, con lo sguardo assorto, sempre da un’altra parte.

di Luca Leoni
E le sue mani quasi sempre in tasca. Faceva pensare a una pietra rotolante, don Gaetano, quando pendolava tra la sua chiesa di San Michele Arcangelo e la sua casa, all’inizio di Viale Oberdan. Un masso non distruttivo, ma costruttivo in un modo tutto suo, che tracciava solchi nelle coscienze, con parole e gesti che lasciavano sempre il segno. Con effetti permanenti. Stava troppo avanti col programma, come don Giuseppe Centra, che sosteneva candidamente scandalizzando, già negli anni Cinquanta, che Cristo fosse un comunista, perché condivideva tutto con i suoi discepoli e con le persone che incontrava. Uomini da barricate con i mobili di casa loro, don Gaetano e don Giuseppe: uomini rimasti senza chiave di casa, in periodi di persecuzioni, che hanno saputo insegnare le scomodità coraggiose della vita. E ogni celebrazione dell’Eucarestia era una festa vera, una tavolata a base di ostia, con riflessioni talvolta comiche nella forma, sempre essenziali e profonde nel contenuto, nei difficilissimi e spesso introvabili libretti d’istruzione per risolvere i problemi quotidiani della vita. Credo che don Gaetano possegga chilometri di elogi funebri, scritti dalla gente semplice e soprattutto dai bambini, nelle innumerevoli lettere che gli scrivevano per parlargli dei loro problemi, per complimentarsi dei suoi piccoli grandi miracoli in famiglie economicamente ma soprattutto spiritualmente disagiate. Tra i miracoli più grandi, non sempre sotto gli occhi di tutti, la sua capacità di riportare in chiesa uomini e donne distanti anni luce: con il suo modo di fare che sapeva di presa in giro e strafottenza, ma con risultati incalcolabili. La sua assenza è vento tagliente e ululante in vicoli lillipuziani, pullulanti di esseri umani silenziosi. Voglio ricordarlo così, seduto alla ‘sperella’ della sua chiesa chiusa, mentre finge di chiedere l’elemosina come un poveraccio qualunque, come il superstite de 'L'avventura di un povero cristiano'.

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