Non è passata inosservata la notizia che Edoardo Baietti, giornalista, attore e artista a trecentosessanta gradi, ha vinto un prestigioso riconoscimento in quel di Venezia.
Intervista a cura di Rocco Della Corte
VELLETRI - Onde evitare ripetizioni ed elogi, che pure sono meritatissimi vista la portata del premio assegnato al concittadino Edoardo, abbiamo incontrato l'amico e collega Baietti per fare direttamente a lui poche domande e sapere, dalla sua voce, impressioni, emozioni e soddisfazioni. Ecco cosa ci ha risposto. Intanto complimenti ancora ad Edoardo per questo importante e unico traguardo.
Edoardo Baietti, dai social ai giornali non è passato inosservato il tuo successo. Che effetto fa il premio ricevuto?
È sicuramente il riconoscimento più importante di tutta la mia carriera, iniziata nell'ormai lontano 2000 quando, nel film Ogni lasciato è perso, interpretavo il ruolo di Piero Chiambretti da bambino nei flashback relativi alla sua infanzia. Quasi diciotto anni dopo, ricevo un premio che per me significa moltissimo e che corona, in particolar modo, le fatiche in ambito teatrale, settore che peraltro è per me quello primario in questi ultimi anni. Il Gran Premio Internazionale di Venezia, assegnato fin dal 1947, è sicuramente uno dei più prestigiosi riconoscimenti del Bel Paese.
La tua poliedricità e il tuo eclettismo ti fanno spaziare dal giornalismo al teatro: sono queste le tue più grandi passioni, oppure per dare un quadro completo dobbiamo aggiungerne altre?
I miei interessi, oltre alla recitazione, sono sostanzialmente la filosofia e la psicoanalisi freudiana. Sono anche un appassionato di letteratura, e parlo cinque lingue (una è l’italiano, ma dire cinque è più d’impatto) tra cui il cinese ad un livello intermedio. Come ultima “carica”, sono stato nominato pochi mesi fa direttore della succursale italiana della Callidus High IQ Society, associazione statunitense che si dedica alla promozione dell’intelligenza umana per scopi etici e sociali (notizia data anche dalla Redazione di Velletri Life, ndr).
A chi vuoi dedicare questo riconoscimento prestigioso? Come cambierà il tuo percorso, senz'altro spronandoti a far meglio?
La dedica è d’obbligo. Al maestro Luigi Onorato, per aver creduto in me da sempre (e mi sopporta da almeno 8 anni) e avermi dato tutti gli strumenti, i fondamentali, per non demotivarmi in un settore così complesso. Proprio Luigi ha curato la regia de Le Sedie di Ionesco, proposto a Velletri per il Teatro Festival del mese scorso, e con Carla Petrella, il sottoscritto e Francesco Tibaldi sul fronte degli interpreti. Per quanto riguarda il futuro, sicuramente la Targa del Leone d’Oro è un ottimo biglietto da visita, un trampolino di lancio per nuove “avventure”.
Quali emozioni ti restano più impresse a seguito di questa vittoria?
Nonostante il pessimismo di natura, mi sono sentito veramente fiero di me stesso. Ricevere un premio che reca con sé 70 anni di storia è sicuramente un punto di svolta nella mia carriera, e sono onorato di aver ricevuto un così prestigioso riconoscimento da parte del Comitato di Presidenza.
La Targa Leone d’Oro significa “miglior attore dell’anno 2017”: propositi per il 2018 e riflessioni a mente fredda dopo la vittoria?
Ci sono molti progetti in cantiere, sia in campo teatrale che televisivo, e spero di poter essere molto preciso al riguardo già a partire dal mese prossimo, quando a stagione inoltrata avrò la certezza di poterne parlare.