Un fascio di strade che dalla punta sud-est dell’Inghilterra, attraverso la Francia, portava a Roma per poi proseguire verso Brindisi, in direzione della Terra Santa. Questo in breve il percorso della via Francigena, che interessa in pieno la regione intorno a Velletri.
di Valentina Leone
VELLETRI - Uno dei tratti che più rendono l’idea dell’efficienza e dell’organizzazione dell’Impero romano, nonché dell’estrema padronanza tecnica rimasta ancora per alcuni versi insuperata, si può riconoscere nella complessa rete viaria che metteva in comunicazione le diverse anime di quel vasto territorio.
Nel Medioevo le antiche strade consolari furono in parte abbandonate e ricoperte da vegetazione, ma altri percorsi meno definiti continuarono a portare verso Roma, che conserva presso il Foro romano l’ombelicus urbi, seguendo un itinerario dettato da esigenze spirituali. Quella che fu poi denominata via Francigena al tempo del passaggio alla dominazione franca, indicando propriamente la strada originata (dal verbo latino geno) dalla Francia, correva con insiemi di sentieri, tracce, piste, battute, a poco a poco formatisi con lo sciame di viandanti, già al tempo dei Longobardi. Tuttavia solo con il passaggio dal primo al secondo millennio, consolidatosi il potere della Chiesa e in parallelo le istanze di rinnovamento, il pellegrinaggio assunse un’importanza crescente nella vita religiosa della popolazione dell’Europa occidentale.
Velletri, da sempre orbitante intorno al polo gravitazionale dell’Urbe, divenne presto tappa obbligata del lungo itinerario che annodava insieme i tre luoghi sacri per eccellenza: Santiago de Compostela, Roma e Gerusalemme, uno dei primi luoghi di sosta dei pellegrini diretti verso la capitale o, viceversa, uno degli ultimi prima di giungere alla desiderata meta. Il tratto della via Francigena diretto alla città castellana, per chi veniva da Roma, seguiva, e tuttora segue, un cammino che costeggiava il lago di Castel Gandolfo per poi addossarsi allo specchio lacustre al di sotto di Nemi, con una completa immersione nei boschi e nelle vedute dei panorami spalancati sui cigli degli antichi crateri vulcanici. Nell’opposta direzione Velletri era sulla strada dei pellegrini che giungevano dalla vicina Cori, dopo essere passati per Sezze, i quali si trovavano ad attraversare un’aperta campagna, ancora in parte tale. In anni recenti si è tentato di recuperare, a livello nazionale e continentale, il valore storico di questo asse viario, sollecitando da una parte la ricostruzione di quegli itinerari nel frattempo interrotti, deviati, scalzati dalle strade asfaltate e dalla speculazione edilizia, dall’altra promuovendo l’arte del camminare come attività propria dell’uomo, vettore di benessere fisico e spirituale e di vivacità culturale. Non sono pochi i cartelli di colore marrone che, già a partire dal cuore di piazza Cairoli sotto la torre del Trivio, indicano la strada da seguire per lasciare i normali sentieri battuti nella quotidianità ed esplorare, partendo da Velletri, la Città fuori dalla città. Allora non resta che indossare un paio di scarpe comode e girare il mondo perché, come scriveva Thomas Eliott nei Quattro quartetti, «non smetteremo di esplorare/ e alla fine di tutto il nostro andare/ ritorneremo al punto di partenza/ per conoscerlo per la prima volta».
Velletri, da sempre orbitante intorno al polo gravitazionale dell’Urbe, divenne presto tappa obbligata del lungo itinerario che annodava insieme i tre luoghi sacri per eccellenza: Santiago de Compostela, Roma e Gerusalemme, uno dei primi luoghi di sosta dei pellegrini diretti verso la capitale o, viceversa, uno degli ultimi prima di giungere alla desiderata meta. Il tratto della via Francigena diretto alla città castellana, per chi veniva da Roma, seguiva, e tuttora segue, un cammino che costeggiava il lago di Castel Gandolfo per poi addossarsi allo specchio lacustre al di sotto di Nemi, con una completa immersione nei boschi e nelle vedute dei panorami spalancati sui cigli degli antichi crateri vulcanici. Nell’opposta direzione Velletri era sulla strada dei pellegrini che giungevano dalla vicina Cori, dopo essere passati per Sezze, i quali si trovavano ad attraversare un’aperta campagna, ancora in parte tale. In anni recenti si è tentato di recuperare, a livello nazionale e continentale, il valore storico di questo asse viario, sollecitando da una parte la ricostruzione di quegli itinerari nel frattempo interrotti, deviati, scalzati dalle strade asfaltate e dalla speculazione edilizia, dall’altra promuovendo l’arte del camminare come attività propria dell’uomo, vettore di benessere fisico e spirituale e di vivacità culturale. Non sono pochi i cartelli di colore marrone che, già a partire dal cuore di piazza Cairoli sotto la torre del Trivio, indicano la strada da seguire per lasciare i normali sentieri battuti nella quotidianità ed esplorare, partendo da Velletri, la Città fuori dalla città. Allora non resta che indossare un paio di scarpe comode e girare il mondo perché, come scriveva Thomas Eliott nei Quattro quartetti, «non smetteremo di esplorare/ e alla fine di tutto il nostro andare/ ritorneremo al punto di partenza/ per conoscerlo per la prima volta».