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Channel: Velletri Life
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Dal Circeo all'Artemisio: panorama, archeologia e meraviglie nel parco archeologico dell'Antica Norba

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Da una delle cime sulle quali si snodano le rovine dell’antica Norba lo sguardo spazia vertiginosamente sull’intera pianura Pontina, incorniciata da un lato dal promontorio del Circeo e dall’altra dalle pendici del Monte Artemisio su cui è adagiata Velletri. 

di Valentina Leone

Porta Maggiore (Foto Rocco Della Corte)

NORMA - Poderose mura ciclopiche, con grandi pietre sagomate in opera poligonale, segnalano uno degli ingressi principali della città di Norba, poco distante dalla moderna Norma. Città attuale e città antica sembrano l’una il prolungamento dell’altra, come se ci fosse stato un accordo premeditato per far dialogare i tetti spioventi di un rosso acceso con i grandi blocchi candidi di pietra calcarea di un centro divenuto meta del turismo archeologico e dei voli nel vuoto sul parapendio.
Non lontano dall’oasi di Ninfa, che nel suo lussureggiante giardino custodisce i ruderi della città di età medievale, dall’abbazia Valvisciolo e dal castello Caetani di Sermoneta sopravvive un vero gioiello archeologico, secondo le fonti antiche risalente al V secolo a. C. e tragicamente distrutto nell’81 a. C., nel pieno della guerra civile tra Mario e Silla, quando per impedire il saccheggio dei milites sillani gli abitanti di Norba preferirono incendiare le loro case e uccidersi l’un l’altro.
L'area archeologica (Foto Rocco Della Corte)
La fase romana ha lasciato un’impronta inconfondibile sull’impianto urbanistico della città, che si articola in un reticolato di strade parallele e perpendicolari, ricoperte di basole di calcare grigio e bianco, dipendenti dalla direttrice tracciata dall’asse viario principale. Nata per l’esigenza di dominare dall’alto il territorio pontino, Norba aveva non solo una posizione strategica ma poteva vantare di possedere, entro l’area di trentotto ettari racchiusa dalle mura di cinta, due alture eminenti: l’Acropoli detta maggiore, nella parte nord-est della città, sopra la quale sorgeva il tempio di Diana attivo tra IV e II secolo a. C. e l’Acropoli minore che ospitava due templi di cui non è stato possibile identificare la divinità protettrice. Ad attraversare questi spazi, rimasti solo in parte intatti e ancora in gran parte da scavare, l’impressione è di calcare il suolo di una città con una sua intellegibile fisionomia, stretta dalla filiera di domus rintracciabili nei complessi basamenti rimasti, sparsamente adornati da tronchi fusti di antiche colonne, e ricolma di una maestosità che si addensa vistosamente negli spazi pubblici come testimoniano i resti imponenti delle terme.
Scorcio di Velletri da Norba (Foto Rocco Della Corte)
Sensazioni rare che si possono provare nei siti più famosi di Pompei, Ercolano, Ostia Antica, come nei più reconditi, conservatisi in condizioni altrettanto straordinarie qual è il caso di Norma, dove l’ossimoro di una vitalità ancora afferrabile in una città defunta assume dimensioni notevoli per l’eccentricità del luogo rispetto ai soliti itinerari turistici e culturali. Vicino al punto in cui il vento comincia a gonfiare le vele dei parapendii, lungo la cresta che accompagna gli scavi, l’orizzonte si apre sulla pianura Pontina con la sua distesa monotona di campi e agglomerati urbani interrotti a ovest dal promontorio in cui Circe fu incantata da Odisseo e a est dal montuoso massiccio dell’Artemisio. Poco più in basso, evidente ancora a questa distanza, il profilo del Palazzo Comunale veliterno, arroccato nei suoi quasi 400 m di altezza, a far baluginare nella mente l’idea di una Velletri nerbo di un Parco archeologico, non concentrato come quello di Norma ma diffuso, per valorizzare un patrimonio che sta letteralmente sotto i nostri pied
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