Augusto si sposò tre volte. La prima moglie era quasi una bambina. Svetonio dice che al momento del matrimonio ella era appena nubile, cioè, secondo il diritto romano, aveva appena compiuto i 12 anni o, al massimo, ne aveva 14.
di Ciro Gravier
Gruppo Archeologico Veliterno
Augusto non la sfiorò neanche, e due anni dopo la rimandò a casa sua ancora intatta e vergine. Ma allora perché la sposò? E chi era questa ragazzina?
Sempre da Svetonio sappiamo che questa unione fu richiesta a gran voce dai soldati dei due campi (quello di Augusto e quello di Antonio) quando i due si riconciliarono, nel corso dell’incontro sull’isoletta del Reno presso Bologna, dando l’avvio al secondo triumvirato (“reconciliatus post primam discordiam Antonio, expostulantibus utriusque militibus ut et necessitudine aliqua iungerentur, privignam eius Claudiam, Fulviae ex P. Clodio filiam, duxit uxorem vixdum nubilem ac simultate cum Fulvia socru orta dimisit intactam adhuc et virginem”: “Dopo la riconciliazione che seguì al primo scontro con Antonio, su richiesta pressante dei soldati di entrambi perché i due si legassero con una parentela, prese in moglie Claudia, la figliastra di lui, che Fulvia aveva avuta da P. Clodio, e che era appena nubile. Ma, essendo sorta una disputa con la suocera, la ripudiò ancora intatta e vergine”). Certo, non poteva sposarsi Antonio, che aveva 40 anni ed era al suo terzo matrimonio. Toccava dunque ad Ottaviano, che di anni ne aveva 20 e, benché “promesso sposo” di Servilia, figlia di Publio Servilio Isaurico (un generale di Cesare), era tuttora celibe. Realisticamente consapevole, Ottaviano si piegò a questa necessità. L’accordo, infatti, era necessario soprattutto a lui, che altrimenti rischiava di trovarsi fra due fuochi: Antonio da una parte e i cesaricidi dall’altra. La ragazzina era in boccio, e doveva anche essere molto graziosa, se la chiamarono Pulchra, ossia “Bella”, ma era evidente che tutto congiurava contro di lei: la sua stessa giovanissima età, e poi suo padre e, anche peggio, sua madre, e infine il suo patrigno. Tanto per cominciare, l’età della ragazzina, se da una parte rendeva legittimo il matrimonio, dall’altra ne faceva una vera e propria finzione giuridica. Quanto a papà Clodio, morto ucciso nove anni prima a Bovillae in uno scontro tra i suoi e quelli di Milone, era arcinoto che tutto era tranne che una persona per bene. Aveva al suo attivo incursioni nella politica e nel malaffare, rendendosi colpevole di sovversioni, scelleratezze e corruzioni innumerevoli. Il fatto che lo rese universalmente famoso fu però il sacrilegio che compì in casa di Cesare quando si presentò in abiti femminili da flautista alla cerimonia che vi si stava svolgendo in onore della Dea Bona, culto misterico assolutamente interdetto agli uomini e al quale erano categoricamente ammesse solo le donne. Non bastando ciò, provocò disordini pubblici al momento in cui si doveva aprire il processo, e al processo falsi testimoni dichiararono di averlo visto quel giorno molto lontano da Roma, contro Cicerone che li sconfessava. Allora Clodio corruppe la maggior parte dei giurati, e così fu assolto per 31 voti a favore contro 25. Dopo un opportuno passaggio di campo in politica, appena poté, si vendicò di Cicerone mandandolo in esilio in base ad una legge ad personam retroattiva. Aveva sposato Fulvia, una plebea dal ricco patrimonio e dal carattere violento e calcolatore, che fu l’unica persona in grado di dominarlo e lo sostenne in tutte le sue imprese più specificamente politiche. Ebbero due figli: un maschio, che – degno figlio di suo padre – morì di stravizi in giovane età, e la femmina, che Fulvia tenne da parte per la migliore occasione. Dopo la morte del marito, infatti, aveva sposato Gaio Scribonio Curione, un retore intriso di politica e, restata un’altra volta vedova, l’ambiziosa donna sposò Marco Antonio. Ella aveva capito, infatti, che la lotta per il potere al più alto livello si giocava ormai tra un politico e militare esperto, come Marco Antonio, e un presuntuoso ma potente sbarbatello, come Ottaviano. E allora credette di aver fatto il colpo grosso della sua vita dando a quest’ultimo in sposa la figlia ancora ragazzina. In tal modo venne a trovarsi fra un marito per il quale parteggiava e un genero che ella pensava di poter condurre per il naso. Ma Ottaviano non era niente affatto ingenuo: per quanto perplesso, prese in moglie la ragazzina, perché in quel frangente non poteva non farlo, ma se ne tenne prudentemente distante come se fosse la peste.