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Le meraviglie architettoniche di Velletri nella mostra di Guido Giani al secondo piano del Polo "Juana Romani"

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Ricreare attraverso l’arte gli edifici di Velletri ormai scomparsi da tempo, preda di eventi storici distruttivi oppure fagocitati dalle speculazioni edilizie, e rappresentare quanto è rimasto in modo da suggerirne la tutela sono i due pilastri sui quali si sorregge la mostra dell’architetto Guido Giani ospitata presso il Polo espositivo “Juana Romani”. 


L’esposizione, visitabile tutti i giorni secondo gli orari di apertura dell’ex Istituto d’Arte in Via Luigi Novelli 3 (lun.-sab. 9-12 e 16-19, dom. 9-12), presenta notevoli spunti di riflessione per ragionare sull’attuale aspetto del territorio veliterno, con il suo portato di edifici risalenti a epoche antecedenti al periodo romano, di palazzi storici, chiese e architetture preminenti sul suolo nazionale.
La novità dell’impresa, oltre che nella sensibilizzazione innovativa dei cittadini, risiede soprattutto nella tecnica di rappresentazione che riproduce alcuni dei luoghi simbolici di Velletri in un prospetto in scala. La ricercata bidimensionalità, ottenuta evitando il disegno in prospettiva che indurrebbe inevitabilmente a una visione paesaggistica, proietta gli edifici in primo piano e consente allo spettatore di moltiplicare nella mente le dimensioni dell’immagine, ottenendo con buona approssimazione una chiara idea della reale proporzione dei soggetti.
È lo stesso autore a illustrare con la medesima passione le tavole, ciascuna con la propria storia travagliata sempre esplicata da accurati pannelli informativi. L’arte di Giani colma i vuoti lasciati dal continuo processo di crescita e distruzione della città castellana: recupera gli antichi disegni o le istantanee che hanno fotografato la maestosità di un patrimonio oggi scomparso e restituisce di nuovo allo sguardo un unicum, senza tralasciare la spiegazione dei motivi della definitiva cancellazione. Uno dei casi più eclatanti è costituito dal palazzo Ginnetti, splendido esemplare di architettura barocca, oltraggiato dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale e divenuto negli anni Cinquanta set cinematografico di una scena di incendio che portò a un reale danneggiamento della residenza aristocratica, abbattuta dai vigili del fuoco per questioni di sicurezza nel 1955 visto che erano stati colpiti i solai e i muri portanti. La raffigurazione di Porta Romana, invece, si rende tramite della necessaria battaglia per la salvaguardia degli ultimi pezzi dell’antico punto di accesso alla città. Nel 1576 cominciarono i lavori diretti da Giacomo Della Porta il quale portò a compimento i progetti del maestro Giacomo Barozzi da Vignola, realizzando un’opera monumentale poi demolita nel 1839 perché considerata “scomoda” dai postali e dalle carrozze di grossa taglia che riuscivano ad affrontare con difficoltà la curva di poco successiva al portale.
I resti di questo scempio, scelto come alternativa alla scantonatura della casa del brigante Cencio Vendetta, sono attualmente disseminati tra piazza Garibaldi e la Villa Comunale e necessitano di un repentino intervento che li sottragga all’incuria e li inserisca in un progetto di valorizzazione. Il percorso espositivo si snoda, dunque, in una continua esibizione di siti scomparsi, di luoghi d’interesse storico, artistico, architettonico a volte ancora recuperabili, prima che fattivamente attraverso un ravvivamento della memoria. La mostra, che rimarrà aperta anche durante la prossima Sagra dell’Uva, offre un’occasione ai cittadini veliterni per ripensare al volto mutato della propria città, ancora disposto a ottimizzarsi, mentre a Velletri Life lancia uno stimolo per approfondire le traversie ignote di alcuni monumenti, con articoli specifici che possono divenire, proprio come i lavori di Giani, strumento di diffusione delle bellezze veliterne e insieme di risveglio delle coscienze.

Valentina Leone

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