Questa esposizione di stampe ed acquerelli, voluta dall’Amministrazione Veliterna nell’ambito della 89° Festa dell’Uva e dei Vini di Velletri, provenienti dalle collezioni private di Umberto Savo e Renato Mammucari, ha la finalità di voler condividere con il pubblico la nostra vocazione per lo studio della storia locale e della tradizione viti-vinicola veliterna che ha origini risalenti all’antica Roma.
Nei primi secoli la produzione era scarsa ed il vino arrivava da ogni parte dell’Impero nei porti vicino a Roma che, per mezzo di chiatte, risalivano il Tevere fino a giungere ai depositi del Porto Vinarius romano. I vini dei Castelli Romani vennero celebrati da cronisti e poeti del tempo quali Plinio il Vecchio e Galeno. Dal XVI secolo fino alla metà del XVIII secolo circa, la lavorazione vinicola delle vigne romane e nei Castelli Romani aumenterà fino a raggiungere i 2/3 dell’intero consumo del vino della Capitale, ma bisognerà attendere soltanto la fine del 700 e l’inizio dell’800 affinché la produzione del vino si consolidi. La bellezza naturale dei vitigni della campagna romana ha sempre affascinato viaggiatori e ispirato scrittori. Il tedesco H. Barth (1) così scrive: “Qui è il campo del dio coronato di pampini…….è l’odore del vino ed il sole si spandono poeticamente su tutta questa terra. Ah. Qui vive ancora l’uomo vero, perché egli è nato per bere, il barile è la sua nutrice e il sangue del dio stesso arde nelle sue vene. Tutto qui diventa vino, tutto, la vita e la morte, il pensiero, il sentimento, il sogno, l’amore e l’odio” Diversi osservatori della zona concordano sulla buona coltivazione della vite e sulla qualità scadente del vino prodotto. Alla fine del 500 alcuni cronisti esaltano i vini castellani ed il vino di Velletri, particolarmente conosciuto ed apprezzato poichè esportato a Roma senza che fosse dovuto il pagamento del dazio per decreto papale, anche se era difficoltoso lo spostamento, data la maggior distanza da percorrere rispetto agli altri paesi produttori limitrofi. Il trasporto dal luogo di produzione nei Castelli Romani alle osterie e cantine romane veniva effettuato dal carrettiere alla guida del carretto a vino. Egli era solo il trasportatore che fungeva da tramite fra il produttore e l’oste oppure tra il mediatore di vini e l’oste. Per il suo servizio, il carrettiere riceveva il compenso dall’oste, oltre ad una coppella di vino (dieci litri circa) dal produttore vinicolo. La partenza con il carretto, generalmente percorrendo le vie consolari romane dai paesi più distanti come Velletri, avveniva di sera mentre dai centri più vicini di notte in modo che l’arrivo al dazio di Porta S. Giovanni, detta Porta di Bacco, avvenisse nelle prime ore dell’alba. Non si poteva viaggiare di giorno in quanto la calura avrebbe compromesso la conservazione del vino; peraltro durante la notte il carrettiere doveva mantenere una velocità di marcia bassa per evitare che il carico subisse scossoni eccessivi. Lo scarico veniva effettuato dai cosiddetti barillari o facchini portatori di vino, come testimoniano diverse incisioni esistenti tra le quali quella del Coleman, qui in mostra. Il carretto a vino romano era il tipico mezzo di trasporto in uso ai Castelli Romani, trainato da un cavallo munito di paramenti e campanelli, si presentava decorato e variopinto e venne adoperato fino ai primi anni del 1950. Il carico era di 10 barili da 50 litri, per un totale di mezza botte romana. Era composto da diversi elementi caratteristici, tra i quali la cappotta a soffietto detta furcina costituita inizialmente da una intelaiatura formata da una struttura di rami in castagno; rami che dovevano avere una precisa biforcazione a forcella necessaria per tenere il telo di copertura normalmente infissa alla sinistra del carretto, la quale sagomava una specie di conchiglia dove il carrettiere si riparava in caso di pioggia o di freddo; essa era riccamente decorata sia all’interno che all’esterno. Altro componente tipico del carretto era la lamina di ferro bucata e fissata ai lati della furcina chiamata feriera dalla quale pendevano dei campanelli di diversa dimensione, i quali emettevano il caratteristico scampanellio che serviva ad annunciare l’arrivo del carretto. Immancabile compagno di viaggio del carrettiere era il cane volpino che con il suo abbagliare teneva lontano i malintenzionati. L’esposizione inizia con una serie di Bandi e Notificazioni dello Stato Pontificio riguardanti il commercio e la tassazione del vino romano; continua con l’esposizione dei manifesti originali delle prime Feste dell’Uva iniziate a Velletri negli anni 30 del Novecento, nei quali il poeta dialettale Alfredo Candidi scrive dei versi dedicati alla manifestazione. Numerose stampe rappresentano il costume variopinto del carrettiere e del suo carretto a vino, incise da artisti famosi del tempo quali Bartolomeo Pinelli e Carlo Coleman. Sono rappresentate anche le famose ottobrate, le tradizionali feste del popolino effettuate “fori porta” o nei Castelli Romani e stampe sul saltarello romano, ballo popolare in voga nei centri dell’Italia centrale. La manifestazione si conclude con la poesia del poeta-contadino Giulio Montagna dedicata a noi due collezionisti dal titolo “All’ottobrata”. Un ringraziamento a tutti gli amici che hanno voluto questa esposizione e ai tanti che hanno collaborato alla realizzazione al progetto, in particolare a Mauro Leoni e Francesca Trenta.
DOVE E QUANDO:
La Mostra sarà operativa, nella "Sala degli Affreschi" (ex refettorio) della Casa delle Culture e della Musica di Velletri, da venerdì 20 settembre a domenica 29 settembre (negli orari di apertura della struttura).