Alla fine del 1603 viene rinvenuta sul confine tra Velletri e Nemi, in contrada Fajola, una consistente sorgente d’acqua: il cittadino che se la ritrova nel proprio terreno la donò, generosamente, alla città (e la sorte volle che anni dopo si sia ritrovato in uno stato di così grave indigenza da doversi affidare alla pubblica carità!).
di Massimo Fabi
L’anno appresso il Comune incarica l’architetto Giovanni Fontana, vera autorità nel campo idraulico, di progettare ed eseguire la costruzione di un nuovo acquedotto che risolva definitivamente il secolare problema dell’approvvigionamento idrico. Tra mille difficoltà tecniche e organizzative, il Fontana riesce per il 1609 a realizzare una nuova condotta che partendo dal massiccio dell’Artemisio discende a valle e, riunendosi al preesistente acquedotto di Colle Petrone, arriva di fronte a porta Romana. A quel punto si chiese di poter continuare l’opera, portando l’acqua sin dentro l’abitato, e l’anno dopo venne stipulato un nuovo contratto col Fontana per una condotta che arrivasse alla piazza del Comune. A novembre del 1611 una vasca, posta di fronte all’ancora in costruzione palazzo dei Priori, accolse l’acqua. Ma, sia perché non era previsto il proseguo della condotta (e l’ultima botte di smistamento si ritrovò ad un livello tale da dare poca spinta all’acqua!) sia perché il condotto non venne rifinito bene, già dall’anno appresso si dovette intervenire perché l’acqua o non arrivava o si perdeva per strada! Interventi che proseguirono anche dopo la morte del Fontana, avvenuta nel 1614. Intanto s’era posto mano alla costruzione di fontane, abbeveratoi, vasche e lavatoi, che portassero l’acqua in tutta la città: con grandi lavori in tutto l’abitato per allargare, o ristrutturare, piazze e strade o modificare muri. Lavori che durarono decenni così che per la metà del secolo c’erano in funzione tre fontane: due nella piazza del Trivio (oggi Cairoli), una in piazza di Corte (oggi C. Ottaviano Augusto) e in piazza del Piano (oggi Mazzini); abbeveratoi fuori di porta Romana, a Castello, a piazza S.Giacomo (oggi Caduti sul Lavoro); lavatoi al Metabo (oggi XX Settembre) e sotto la via Borghese (oggi Menotti Garibaldi). Perfezionato nei secoli successivi, questo acquedotto era ancora in piena attività nel 1932 quando, con il completamento dell’Acquedotto del Simbrivio che assicurò il nuovo rifornimento idrico della città, rimase in funzione per la sola periferia occidentale.