Dopo l'esplicativo intervento del Procurator Caselli, sono stati i ragazzi dell’Andrea Velletrano a porgere delle importanti questioni, frutto del grande e curato lavoro che hanno fatto precedentemente sotto la guida delle loro professoresse.
Ad iniziare è stato Leonardo Esposito della Terza D con la seguente domanda rivolta ovviamente a Caselli: “Lei conduce l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e nel sistema agroalimentare. In che cosa consiste il suo lavoro? E’ soddisfatto del lavoro finora svolto?”
“La legalità è indispensabile anche in questo settore. Un cibo che sia prodotto nel rispetto delle regole infatti, ci conviene sia in termini di salute che di economia. L’agro mafia invece, produce un cibo guasto e dannoso che penalizza le imprese oneste. Come Osservatorio individuiamo i problemi e prospettiamo soluzioni; ad esempio, abbiamo stilato un rapporto sull’agro mafia per illustrare tutte le varie illegalità. Un problema serio è che sugli scaffali dei supermercati si trovano prodotti alimentari che non sempre corrispondono alle nostre aspettative. Il problema dei problemi è quello delle etichette, dove deve esserci scritto tutto, dal campo alla tavola; devono essere etichette narranti. Un’altra piaga del settore è quella del caporalato, ovvero del lavoro nero, uno sfruttamento, una sorta di schiavitù che sta tornando incredibilmente nel secondo millennio. L’Osservatorio per ovviare a quest’atrocità ha elaborato un progetto di legge perché possa essere portato in Parlamento. Come si può dedurre, noi non osserviamo solo, ma agiamo in maniera operativa e in campo legislativo; è per questo che sì, mi sento soddisfatto del lavoro svolto”.
La seconda domanda è stata quella di Manuel Vetri della terza C:“Come può il consumatore collaborare con le istituzioni per contrastare la criminalità nel settore agroalimentare”?
“Il consumatore deve essere informato, non deve commettere l’errore di comprare solo per scritte ed immagini accattivanti. Purtroppo spesso ci troviamo davanti al fenomeno
dell’Italian Sounding, ovvero ditte straniere che producono prodotti che di italiano non hanno nulla, ma hanno involucri che colpiscono e che ricordano in immagini e colori l’Italia, invogliando il consumatore ad acquistare. In questo modo, la nostra economia, il made in Italy, viene fortemente danneggiata. Compito quindi, del consumatore è quello di verificare la provenienza dei prodotti attraverso un’attenta lettura delle etichette, quello di informarsi tramite giornali e TG”. Ad intervenire è stata poi Aurora Sambucci della terza G che ha chiesto al Procuratore: “Parlando di agro mafie la Rete ha una doppia valenza: è stata definita “porto franco della contraffazione” da una parte ed è stata oggetto dall’altra di un protocollo di intesa tra il Ministero delle Politiche agricolo ed Ebay per prevenire attività illecite online. In quale modo potremmo allora sfruttare la forza della Rete per diffondere la cultura della legalità, la cultura del prodotto agroalimentare italiano doc”?
“ L’ agroalimentare presenta dei problemi, ma rimane comunque un settore che tira, in quanto è un comparto freddo, per la banalissima ragione che non si può non mangiare. Il made in Italy inoltre, soprattutto nell’agroalimentare, ha un appeal straordinario. In ragione di questi due motivi, può consentire buoni guadagni, ma chi gioca con carte truccate risparmia e ovviamente guadagna il doppio a discapito del consumatore e dell’imprenditore onesto. Purtroppo dove c’è ampio margine di guadagno si infilano le mafie, che nel settore agroalimentare sono in tutti i segmenti della filiera e nel Web è ancora più facile trovarle. Nella Rete infatti, ci sono numerose insidie e si possono vendere anche cose proibite in Italia come, a titolo esemplificativo, degli speciali kit per farsi da soli il vino ed il formaggio a costi bassissimi, ma ovviamente con una qualità altrettanto povera. Bisogna quindi diffidare ed essere cauti, senza farsi abbindolare da prodotti dannosi per la salute”.
La quarta domanda è stata quella di Rebecca Pappagallo della terza E la quale ha chiesto a Caselli un qualcosa di più personale :“ In alcune situazioni ha mai pensato di voler abbandonare il suo lavoro perché troppo pericoloso per sé e per la sua famiglia”?
“ Essendomi occupato prima di terrorismo, poi di mafia, vivo dal 1974 con una scorta. La scorta ti cambia la vita, la tua e quella della tua famiglia, ma allo stesso tempo te la salva; personalmente sono sicuro che me l’abbia salvata due volte durante gli anni del terrorismo e altrettante durante il periodo palermitano. Diciamo che non si può non avere un po’ di paura o non essere preoccupati, però bisogna sempre cercare di avere più coraggio che paura. Io ho potuto contare sull’efficienza di ragazzi molto bravi che hanno rischiato, e rischiano, la loro vita per me e per la mia famiglia tutti i giorni; per questo non ho paura, altrimenti non avrei mai chiesto di essere trasferito da Torino a Palermo, però umanamente sento la preoccupazione. La mia protezione da parte della scorta è stata al massimo dei massimi, fino quasi, in alcuni momenti delicati della mia vita, ad una forma di prigionia; però questi ragazzi hanno compiuto un piccolo miracolo: all’efficienza spietata hanno combinato una grande cordialità; un ossimoro che loro hanno saputo realizzare. Personalmente mi rimprovero di essermi infilato
nell’antimafia dopo dieci anni di terrorismo e soprattutto per la scelta di aver lasciato la mia famiglia a Torino quando mi sono traferito a Palermo, perché forse l’immaginare certe situazioni provoca più dolore che viverle; mi rimprovero perché ho imposto alla mia famiglia preoccupazione, disagio e sofferenza”. A proseguire con le domande è Noah D’Armini della terza H :“ Nella trasmissione “Omnibus” del 25/11/2015 lei ha chiaramente esposto la differenza tra il terrorismo indigeno e quello internazionale ed ha affermato che: “ senza diritti non c’è giustizia e senza giustizia non c’è pace”, può spiegarci cosa intendeva”?
“ Il terrorismo è violenza, sofferenza, morte, tutte cose che possono creare la convinzione che si debba reagire con altrettanta violenza; ma l’esperienza del terrorismo indigeno italiano ci insegna che la risposta repressiva non basta, anzi può portare a situazioni ben peggiori. Ad esempio, noi abbiamo sconfitto le Brigate Rosse tramite leggi specializzate e specialistiche e non con leggi speciali; tutto è rimasto nel perimetro della democrazia. Questa stessa problematica si ripropone nel terrorismo internazionale, dove le risposte soltanto militari non bastano: la violenza nel mondo nasce anche dall’ingiustizia, dalla sopraffazione e dallo sfruttamento. Senza giustizia e condizioni di sopravvivenza decorose si crea violenza. Un antidoto è quindi quello di lavorare, di battersi affinché ci sia più giustizia e più diritti e quindi più pace per tutti; ed è questo anche il messaggio del Papa”. Un altro quesito è stato esposto da Emanuele Temis della terza B che ha domandato: “ Le stragi odierne del terrorismo dell’ISIS le hanno ricordato il clima che si viveva in Italia negli anni ’70 e ’80 durante gli “anni di piombo” quando c’erano gli attentati delle Brigate Rosse o dello stragismo nero? Pensa che i cittadini italiani abbiano più paura di questo terrorismo internazionale rispetto all’altro”? “ Il terrorismo internazionale, come quello dell’ISIS e quello brigatista sono piuttosto differenti. Quest’ultimo colpiva cose specifiche, aveva obiettivi ben identificati, mentre quello internazionale, un po’ più come lo stragismo di destra, colpisce nel mucchio, mette bombe nella folla e spesso non cerca un obiettivo specifico, magari viene scelto un luogo simbolo, ma senza avere in mente un qualcuno in particolare. C’è quindi una contrapposizione tra violenza selettiva e violenza indiscriminata e numerose differenze esistono anche nelle motivazioni dietro ai due differenti tipi di violenza. Credo che responsabilmente bisogna essere preoccupati, ma guai ad avere paura: si farebbe il loro gioco e gliela si darebbe vinta”.
L’ultima domanda rivolta al Procurator Caselli è stata quella di Ginevra Gambardella della terza A: “ Quale imputato, tra quelli che ha interrogato, l’ha più colpita? Perché”?
“ Due sono stati gli imputati che più mi hanno colpito, appartenenti a due episodi diversi, ma speculari. Il primo è stato Patrizio Peci, interrogato per l’antiterrorismo, durante l’inizio della fine delle Brigate Rosse. In questo caso, quest’ultime dimostrarono tutta la loro bestialità nel compiere una rappresaglia nazista, sequestrando il fratello dell’imputato, per estorcergli dichiarazioni fasulle e poi uccidendolo mandando in giro il video della sua esecuzione; solo perché fratello di un pentito. Il secondo è stato Santino Di Matteo, interrogato per faccende riguardanti la mafia. Di Matteo mi chiamò una prima volta e poi negò di avermi chiamato, una seconda volta a Roma per raccontarmi fatti di poco conto riguardanti maltrattamenti in carcere, tanto che mi venne il sospetto che mi chiamasse per vedere come mi muovevo per poi farmi uccidere da qualcuno dei suoi ancora a piede libero. Infine mi chiamò una terza volta, mi recai così nuovamente a Roma e Di Matteo
dopo essersi dichiarato colpevole di tutti gli omicidi di Palermo, volle parlarmi anche della strage di Capaci e mi raccontò tutto quello che potevo desiderare di sapere. Qualche settimana dopo, Cosa Nostra gli sequestrò il figlio di soli 8 anni e dopo ben 18 mesi di torture lo uccise e sciolse il suo corpo nell’acido; solo perché figlio di suo padre”. A fine degli interventi dei ragazzi e delle preziosissime risposte del Procurator Caselli l’Assessore alla Cultura Ilaria Usai, ha ringraziato nuovamente l’ospite per la disponibilità e per tutti gli insegnamenti alla legalità, dicendosi veramente onorata della sua presenza. Ha preso poi la parola la Dottoressa Rossella Menichelli, già citata precedentemente, che ha dichiarato di “ considerare questa giornata come un dono” e aggiungendo che “ la corruzione è mala amministrazione e per questo si sta attuando un piano dedicato all’obiettivo di combatterla, piano in cui il pezzo forte è quello della formazione alla legalità attraverso un percorso formativo improntato verso l’etica”. A concludere la mattinata è stato l’intervento finale di Gian Carlo Caselli che si è così espresso: “ In estrema sintesi, ogni recupero di legalità è un passo avanti verso la strada della risoluzione per problemi economici, di giustizia sociale e aumento del reddito. La legalità ci fa sperare in un futuro migliore. Auguri”!
Giorgia Rossetti