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Innovazione e sharing economy: news di Velletri 2030

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Cerchiamo di capire perchè innovazione tecnologica e sharing economy rischiano di essere solo parole di moda (buzzwords) usate da chi non vuole parlare di cose concrete ma vuole semplicemente impressionare gli interlocutori..
La parola inglese "sharing" riflette una certa filosofia di "condivisione" poco amata dagli italiani. Le locuzioni più diffuse sono "car sharing", "bike sharing", "hause sharing", che stanno alla base della cosiddetta "sharing economy", oggi resa sempre più possibile dalla digitalizzazione. E' difatti grazie all’avvento di Internet e delle Piattaforme Digitali Collaborative (piattaforme social) che si ha avuto modo di arrivare ad una così larga diffusione a livello globale, tanto da far nascere dei siti dedicati (fra i più importanti e famosi, troviamo ad esempio Airbnb per le abitazioni, Auting per il car sharing, Biblioshare per la biblioteca condivisa, BlaBlaCar per i viaggi in auto condivisi, ecc...). Ma quale è la percezione degli italiani sulla materia? Una filosofia di vita? Un modo per guadagnare aggirando il fisco? Una soluzione di risparmio? Innanzitutto, gli italiani vedono la sharing economy più come una forma di risparmio che di guadagno. Importante anche la dinamica rispetto alla percezione più generale della sharing economy, a cui la maggioranza dei praticanti da una connotazione fortemente etica per lo sviluppo sostenibile. La componente della sharing economy destinata alla maggiore crescita è la sharing mobility, un fenomeno socio-economico che investe il settore dei trasporti tanto dal lato della domanda quanto dell’offerta. Dal lato della domanda, la sharing mobility consiste in una generale trasformazione del comportamento degli individui che tendono progressivamente a preferire l’accesso temporaneo ai servizi di mobilità piuttosto che utilizzare il proprio mezzo di trasporto. Dal lato dell’offerta, questo fenomeno consiste nell’affermazione e diffusione di servizi di mobilità che utilizzano le tecnologie digitali per facilitare la condivisione di veicoli e/o tragitti realizzando servizi scalabili, interattivi e più efficienti. Tutti i servizi innovativi di mobilità condivisa sono preesistenti all’avvento di Internet e della più recente diffusione di massa dell’uso di dispositivi mobili come Tablet e Smartphone. Sono però queste innovazioni tecnologiche che hanno permesso da una parte che alcune pratiche di nicchia abbiano iniziato ad imporsi come forme di consumo di massa, dall’altra che alcuni modelli di business consolidati siano stati stravolti e abbiano guadagnato nuove quote di mercato. E l'auto a guida autonoma è dietro l'angolo. Sarà una vera e propria rivoluzione culturale, sociale e comportamentale. Basta salire su un'auto Tesla per capire verso dove stiamo andando. Per saperne di più sulla sharing mobility si può consultare il "3° Rapporto Nazionale sulla Sharing Mobility", appena pubblicato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e liberamnte scaricabile dal link: http://osservatoriosharingmobility.it/wp-content/uploads/2019/07/come-sta-la-sharing-mobility_III-Rapporto-SM_13-e-FRONT.pdf Un giorno non tanto lontano saranno sempre meno le auto di proprietà, poiché la sharing economy avrà il sopravvento. Ma a pensarci bene già oggi gli italiani potrebbero lasciare a casa l’auto e muoversi con mezzi alternativi, almeno sulla carta. Un interessante sondaggio condotto da Nielsen per conto di AutoScout24 per indagare l’evoluzione del ruolo di Internet e del consumatore digitale nella ricerca e nell’acquisto dell’auto rivela che in media solo 1 italiano su 4 è soddisfatto della mobilità nella propria città. Solo il 33% pensa che con le smart cities il problema del traffico diminuirà. Ma gli italiani sono possessivi. Secondo quanto emerge dall’indagine, non ci libereremo facilmente di almeno un’auto in garage, vuoi per la conformazione geografica e infrastrutturale dell’Italia, ma anche per l’associazione dell’auto di proprietà a un bene indispensabile per l’indipendenza personale e familiare e per fare sfoggio del proprio stato sociale. L’80% ritiene che nei prossimi 10 anni avrà ancora un’auto di proprietà. Forse a Velletri anche di più, almeno fino a quando usare un'auto di circa 1900 kg per trasportare un umano di circa 70 kg non sarà vietato dalla legge. E poi abbiamo l'esempio della "bike sharing" e del tentativo di mettere in condivisione uno spazio per le Associazioni culturali attraverso una piattaforma digitale che ne permettesse una calendarizzazione rigorosa. Due fallimenti locali. In particolare, l'utilizzo della piattaforma SIGECOV (SIstema Gestione Eventi e COnferenze Velletri) proposto nel Documento "Proposta per una Politica della Cultura" del luglio 2018, non è mai stato preso seriamente in considerazione dall'Amministrazione. Ma vogliamo veramente l'innovazione tecnologica? Cosa riserva il futuro nel mondo della sharing economy? Come cambieranno le abitudini dei cittadini e quali accorgimenti tecnologici saranno necessari? Il fatto è che nei dibattiti ormai è di moda parlare di innovazione, i politici non si tirano indietro, “l’innovazione ci impone di confrontarci, perché abbiamo la responsabilità di comprendere il cambiamento, senza paura e con coraggio” per usare le parole della sindaca di Torino. Tutto sacrosanto. Infatti, come possiamo sostenere la sostenibilità tanto di moda senza innovazione? Come possiamo fornire energia a un mondo così cangiante? Vedi i 7,8 miliardi attuali. I nove attesi da qui al 2050. Vedi l’età media del mondo occidentale che aumenta, siamo tanti 40enni e pochi giovani, viviamo più a lungo, mentre c’è un mondo, quello in Africa e in India, composto da tanti 24enni. Vero, l’innovazione è la parola d’ordine nei dibattiti, tranne poi trasformarsi nei fatti in un “no” prolungato ogniqualvolta che dai dibattiti si passa ai fatti. E' stato appena pubblicato il Rapporto Digital Economy and Society Index (DESI), disponibile in lingua italiana con il titolo Indice di Digitalizzazione dell'Economia e della Società. I numeri non danno scampo: l'Italia, fra le prime 10 nazioni industrializzate del mondo, occupa solo il 24° posto in questa speciale classifica. Questi i numeri secondo il Rapporto: solo il 44% degli italiani tra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali di base (57% media UE) il 19% di chi risiede in Italia non ha mai usato Internet (nella UE la percentuale è dell’11%) meno della metà (46%) degli italiani ha usato servizi di web banking o ha fatto shopping online (47% nella UE) D’altra parte… meno di un terzo degli italiani (24%) dispone di una connessione Internet con banda larga ultraveloce (da 100Mbps), rispetto al 60% della media europea. Ciò ci spinge alla 27ª posizione (penultima). la percentuale di connazionali in possesso di una laurea in ICT si ferma allo 0,9%. Non solo, gli specialisti in tali discipline incidono sulla forza lavoro solo per il 2,6%, rispetto al 3,7% della media europea la percentuale di insegnanti che ha svolto corsi formativi di alfabetizzazione digitale non supera il 20%. E nel 24% delle scuole mancano corsi di informatica. Su temi tanto importanti varrebbe la pena confrontarsi, anche in una ottica di riqualificazione urbana dove la mobilità sostenibile gioca un ruolo importante. Progettare è il modo migliore per procedere verso il cambiamento, tenendo conto della realtà, delle sue risorse e delle sue potenzialità, ma anche dei suoi vincoli e limiti. Siamo nel mezzo di una rivoluzione tecnologica in cui l'innovazione e la scienza offrono opportunità mai viste prima. Stiamo vivendo uno tra i periodi più innovativi della storia dell'umanità, ma anche uno tra i più difficili perchè il cambiamento va controllato e gestito per uno sviluppo tecnologico che sia sostenibile. Progettiamo insieme il nostro futuro.

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