Le canne di bambù fremono al soffiare del vento nel cuore della campagna di Aprilia. La vegetazione quasi selvaggia e i vasti terreni coltivati farebbero pensare a un luogo ancora non intaccato dall’espansione urbanistica se al centro di questo paesaggio naturalistico, rimasto quasi illibato dal furore della speculazione edilizia, non sorgesse un mausoleo, dedicato a uno dei maggiori patrioti del nostro Risorgimento.
Costui fu onorato del cognome Garibaldi, trasmessogli dal padre, che gli sarebbe stato di monito per spronarlo a combattere sempre in favore della libertà, fu battezzato Domenico come il nonno, mentre il nome Menotti avrebbe suscitato nelle menti di chi lo sussurrava il ricordo del patriota Ciro Menotti, giustiziato durante i moti del ’31 a Modena.
Primo dei quattro figli di Anita e Giuseppe Garibaldi, Menotti fu uno di quei personaggi il cui destino appare fin dall’origine rivolto alla grandezza o almeno favorito a lasciare un segno indelebile dall’ambiente nel quale era cresciuto: sospeso fra due mondi, quello del Sud America e quello italiano, nacque in Brasile nel 1840 durante la campagna appoggiata da Giuseppe in difesa della neonata Repubblica brasiliana di Rio Grande do Sul e visse nell’infanzia momenti avventurosi, anche di estremo pericolo, nel corso delle continue militanze paterne.
A partire dal 1854 si stabilì nell’isola di Caprera dove il padre gli impartì un’educazione completa, indirizzata a far maturare in lui i semi delle virtù militari e civili necessarie a sostenere il progetto di costruzione in Italia di una repubblica laica e anticlericale. Nel pieno dell’età giovanile partecipò distinguendosi per il suo valore a tutte le campagne militari combattute dal padre dal 1859 al 1871, spedizione dei Mille compresa, vestendo la camicia di colore rosso acceso che distingueva i volontari garibaldini dagli altri combattenti e conquistando per l’Italia e per gli italiani ancora da creare quell’unità che era agognata da tempo. Al ritorno in Italia dopo la battaglia di Digione la sua figura, come quella del padre, fu subito circondata da un’aura leggendaria, profusa di quel valore eroico che aveva sempre dimostrato strenuamente, nelle vittorie come nelle sconfitte. Con l’affermazione della monarchia sabauda i principi repubblicani si ingrigirono, nonostante l’adesione agli ideali massonici e associazionistici, e lasciarono spazio a una partecipazione diretta e impegnata alla vita politica italiana. Fu così che Menotti divenne nel 1876 per otto legislature consecutive, fino al 1900, deputato per Velletri, città che riuscì a valorizzare nel contesto del basso Lazio sfruttando le sue qualità naturali e fondando nel 1891 la “Cantina sperimentale del vino di Velletri” ancora esistente. Tuttavia il suo interesse si appuntò anche verso la bonifica del suolo agricolo e il miglioramento delle condizioni dei contadini e, in occasione della liquidazione dell'asse ecclesiastico tra il 1874 e il '75, acquistò vaste estensioni di terreno nell'Agro romano, dove si stabilì con la famiglia.
Amò profondamente queste terre, collocate tra la Capitale, i Castelli e il mare in una zona malarica che rese tuttavia produttiva con la sua continua cura, e morì all’età di sessantatrè anni a Roma nel 1903, sconfitto da quella stessa malattia che aveva tentato di debellare con ogni mezzo. Ai funerali solenni la processione, composta da numerosi veterani, reduci, massoni, personalità influenti al tempo ma anche da gente comune, accompagnò la salma dalla porta romana di S. Giovanni fino a Carano, vicino a Cisterna di Latina, luogo nel quale si trovava la tenuta di Menotti. All’altezza di Cecchina, nel percorso lungo la via Appia, si presentò fermando il corteo l’inimitabile Gabriele d’Annunzio che pronunciò, in qualità di amico, un accorato discorso commemorativo. Le sue spoglie sono custodite nella tomba di famiglia, fatta costruire da Menotti stesso in quella che oggi è la frazione denominata Carano Garibaldi, un tempo facente parte nel territorio di Velletri, fulcro per molti anni della sua attività, e attualmente attribuita al comune di Aprilia. Dopo tanti anni il mausoleo Menotti Garibaldi si è ormai integrato nella fisionomia del paesaggio campestre della zona e sarebbe impossibile immaginare questo scorcio senza la sua geometrica fisionomia. La forma del monumento avrà anche colonizzato gli ampi spazi prima deserti, ma la sua presenza testimonia il passaggio di un pezzo di Storia per Velletri e dintorni
A partire dal 1854 si stabilì nell’isola di Caprera dove il padre gli impartì un’educazione completa, indirizzata a far maturare in lui i semi delle virtù militari e civili necessarie a sostenere il progetto di costruzione in Italia di una repubblica laica e anticlericale. Nel pieno dell’età giovanile partecipò distinguendosi per il suo valore a tutte le campagne militari combattute dal padre dal 1859 al 1871, spedizione dei Mille compresa, vestendo la camicia di colore rosso acceso che distingueva i volontari garibaldini dagli altri combattenti e conquistando per l’Italia e per gli italiani ancora da creare quell’unità che era agognata da tempo. Al ritorno in Italia dopo la battaglia di Digione la sua figura, come quella del padre, fu subito circondata da un’aura leggendaria, profusa di quel valore eroico che aveva sempre dimostrato strenuamente, nelle vittorie come nelle sconfitte. Con l’affermazione della monarchia sabauda i principi repubblicani si ingrigirono, nonostante l’adesione agli ideali massonici e associazionistici, e lasciarono spazio a una partecipazione diretta e impegnata alla vita politica italiana. Fu così che Menotti divenne nel 1876 per otto legislature consecutive, fino al 1900, deputato per Velletri, città che riuscì a valorizzare nel contesto del basso Lazio sfruttando le sue qualità naturali e fondando nel 1891 la “Cantina sperimentale del vino di Velletri” ancora esistente. Tuttavia il suo interesse si appuntò anche verso la bonifica del suolo agricolo e il miglioramento delle condizioni dei contadini e, in occasione della liquidazione dell'asse ecclesiastico tra il 1874 e il '75, acquistò vaste estensioni di terreno nell'Agro romano, dove si stabilì con la famiglia.
Amò profondamente queste terre, collocate tra la Capitale, i Castelli e il mare in una zona malarica che rese tuttavia produttiva con la sua continua cura, e morì all’età di sessantatrè anni a Roma nel 1903, sconfitto da quella stessa malattia che aveva tentato di debellare con ogni mezzo. Ai funerali solenni la processione, composta da numerosi veterani, reduci, massoni, personalità influenti al tempo ma anche da gente comune, accompagnò la salma dalla porta romana di S. Giovanni fino a Carano, vicino a Cisterna di Latina, luogo nel quale si trovava la tenuta di Menotti. All’altezza di Cecchina, nel percorso lungo la via Appia, si presentò fermando il corteo l’inimitabile Gabriele d’Annunzio che pronunciò, in qualità di amico, un accorato discorso commemorativo. Le sue spoglie sono custodite nella tomba di famiglia, fatta costruire da Menotti stesso in quella che oggi è la frazione denominata Carano Garibaldi, un tempo facente parte nel territorio di Velletri, fulcro per molti anni della sua attività, e attualmente attribuita al comune di Aprilia. Dopo tanti anni il mausoleo Menotti Garibaldi si è ormai integrato nella fisionomia del paesaggio campestre della zona e sarebbe impossibile immaginare questo scorcio senza la sua geometrica fisionomia. La forma del monumento avrà anche colonizzato gli ampi spazi prima deserti, ma la sua presenza testimonia il passaggio di un pezzo di Storia per Velletri e dintorni
Valentina Leone