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"La croce e la ruspa": un contributo del professor Pier Luigi Starace

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Le truppe alleate, attaccando il 10/6/’ 44 il fronte sud tedesco in Italia con l’operazione “Strangle”, la massa d’urto e d’assalto per lo scontro in montagna erano state le truppe marocchine, algerine e tunisine assemblate nel “Corps expéditionnaire français”, che avevano sfondato, nell’arco di 10 giorni, la linea Gustav, la Bernard, la Orange,la Dora, la Senger, la Hitler, la Cesar ( formata dalla cresta del monte Artemisio).

di Pier Luigi Starace

Mentre i superstiti di quel corpo si riposavano a Castel Gandolfo, in vista della sfilata per le vie di Roma delle armate vittoriose, arrivò dal Vaticano un massaggio papale: “ si mancherebbe di rispetto al carattere sacro di Roma se essa fosse stata calpestata da piedi mussulmani”. E la volontà pontificia fu eseguita, anche nei confronti del generale Francese Guillaume. Sarebbe bastato motivare il divieto con le “marocchinate” cui si erano abbandonati quei superstiti alle decine di migliaia falciate dal fuoco della Wehrmacht, ma il papa le bypassò con la motivazione surriferita, secondo lui più decisiva. Mi si è ripresentata all’anima, con un guizzo, quell’espressione “rispetto al carattere sacro di Roma”quando ho visto in televisione delle ruspe le quali, con una facilità impressionante, urtavano, afferravano, stritolavano ed asportavano delle tende, anche monoposto, costituenti l’unico rifugio di persone scacciate da ogni altro spazio fisico urbano e suburbano,e che, nella vicinanza d’altre persone, come quelle del centro “Il baobab”, percepivano un’accettazione di prossimità, quasi una difesa. Quelle ruspe rendevano esecutiva una volontà istituzionale di fondo: la notte prossima questi la passeranno allo scoperto. Quelle ruspe, travolgendo anche in me la residuale mentalità da benpensante, che mi sussurava ”dai, non esagerare, ma pensi che un ministro, un prefetto, un questore, un sindaco, e pure donna, ragionino così? ” davano fiato ad un’altra più sicura, che mi diceva:” Questa è un ‘operazione di guerra.” Ed una voce più esasperata aggiungeva: questa è un operazione di caccia, in quella sua particolare tecnica che è lo stanare la selvaggina. Col particolare che la selvaggina è umana. Ancora, pensando alle persone che avevano regalato quelle tende, in uno slancio di fraternità, mi sono chiesto: cosa avranno pensato vedendole divelte, lacerate e portate in discarica? Che hanno sbagliato a farlo? Che quel lembo estremo di riconoscimento d’un’umanità all’ occupatore abusivo di suolo pubblico che è dargli la sensazione della casa perduta regalandogli una copertura di plastica è uno stupido buonismo? O che quei guastatori istituzionali sono in guerra anche contro di loro, per fraternizzazione col nemico? Dostojevskij ha scritto “sapete che cosa vuol dire non sapere assolutamente dove andare?” Mi domando e domando ai provveditori all’ordine pubblico che hanno concepita ed eseguita questa operazione se hanno pensato a questa situazione, nella quale, grazie a loro si sono trovati centinaia di esseri umani, situazione che continuava ed aggravava, se possibile, quella immediatamente precedente, di riduzione, nella perdita del riparo, a non aver proprio più niente da perdere. Mi duole dover ricordare a persone che conoscono meglio di me tali problemi, quale accumulo e quanto dirompente di pericolosità sociale viene naturalmente e necessariamente a verificarsi nell’animo di chi sia ridotto così.In altre parole: prima di quel trattamento quel reietto si sarebbe limitato a chiedere l’elemosina, dopo NO. Si sarebbe comportato da animale stanato. Ma qual è il delitto per il quale è stata inflitta, senza processo, una punizione simile, il delitto dalla cui pericolosità difendere i cittadini ? I delitti sono più di uno, ed in capo anche ad una sola persona, dopo quello imperdonabile di mancare d’uno o più timbri su un pezzo di carta: non avere il suolo d’una patria sotto i piedi, non avere una casa, non avere un lavoro, non avere uno spazio dove mettersi.In una parola: d’essere un pellegrino proprio nel senso originario della parola latina “ errante attraverso i campi”, quindi non per scelta devota, ma brutale necessità. Ma da che gli uomini si sono socializzati queste situazioni non sono state considerate degne di criminalizzazione, bensì il contrario, dei titoli per ricevere un aiuto pubblico, sia nazionale che internazionale, religiosamente o civilmente fondato. Titoli che la soluzione ruspe everte, straccia, spazza via. Ma la violazione di quel particolare carattere sacro di Roma cristiana, quello dell’accoglienza dei pellegrini, in questo caso di ben più che pellegrini, sfida una specifica figura istituzionale. Ho la certezza che, se fosse stato avvisato, papa Francesco, in quell’alba livida, si sarebbe fatto largo fra le autorità compiaciute, ed avrebbe innalzato la croce che porta sul petto contro la ruspa alzata su un rifugio umano. Avrei sperato che lo avesse fatto il cardinal vicario di Roma, ma non mi risulta, o almeno, e comunque in forma ufficiale e visibile, un membro del clero. Ecco, mi sembra che un carattere sacro di Roma, ben diverso da come l’interpretava papa Pacelli, avrebbe dovuto esser rivendicato dai seproclamanti eredi nello spirito di quel Lògos di cui Giovanni scrive che “pose la sua tenda in mezzo a noi”, quando, sotto la forma di “figlio dell’uomo”, divelto via nudo dal vento della guerra, e fornito da uomini di buona volontà d’ una tenda che lo copra, essa gli viene strappata via, in nome di una legge estranea a quella del Lògos. Il carattere sacro di Roma è fondato inamovibilmente sull’ esempio delle persone che sono state fatte oggetto di violenza, e non sull’esempio di quelle che hanno ordinato ed eseguito la violenza. Sul martirio di Lorenzo, di Sebastiano, di Tarcisio, di Cecilia, non sul “senso dello stato” dei magistrati che li avevano condannati, e sul “servizio allo stato” reso dai loro seviziatori ed esecutori finali. Sul loro sangue, e non sulle tecniche con cui è stato versato. Chi ha sul petto la croce, in questi giorni, deve scegliere. O d’inchinarsi alla ruspa. O d’inchinarsi al perseguitato che, per chi crede, ha il volto di chi sarà il giudice monocratico del tribunale ultimo ed inappellabile, quando dirà:”Ero pellegrino, e mi hai tolto l’ultimo riparo”.

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