Nel 1953, a soli due anni dall’inaugurazione nel salone delle feste del Casinò di Sanremo di quello che sarebbe diventato il Festival della canzone italiana, prendeva avvio a Velletri la sperimentazione di un festival alternativo che fino all’inizio degli anni Sessanta rischiò di sottrarre alla città della riviera ligure il primato sulla premiazione della migliore musica nazionale.
di Valentina Leone
In questi giorni, come ogni febbraio, nelle case degli italiani non è raro trovare appassionati di musica, spettatori comuni, semplici curiosi in attesa del più piccolo pretesto per ironizzare, tutti sintonizzati sul Festival di Sanremo secondo una tradizione nazionale che sembra trasmettersi di generazione in generazione – e la presenza costante di alcuni artisti sembra per certi versi confermarlo – non essendo stata mai messa in discussione. Prima di divenire un evento mediatico trasmesso in eurovisione, l’idea iniziale prevedeva la realizzazione di una competizione canora da ospitare nella città ligure in modo attirare il turismo e far girare l’economia, cercando di proseguire il progetto avviato nel 1948 e nel 1949 con il Festival Canoro Nazionale tenutosi a Viareggio. Le prime due edizioni, nel 1951 e nel 1952 vinte entrambe da Nilla Pizzi, ebbero pochi partecipanti ma attirarono un interesse crescente da parte degli editori musicali e della stampa, tanto da innescare nell’edizione del 1953 dei cambiamenti nel regolamento della gara. Il festival sanremese muoveva allora i primi decisivi passi per l’affermazione, mentre a Velletri, a distanza di chilometri, si andava profilando l’ipotesi di una manifestazione antagonista che per nove anni, dallo stesso 1953 fino al 1961, avrebbe conteso alla città ligure il privilegio di premiare i migliori rappresentati della canzone italiana. L’iniziativa del centro veliterno nasceva da un identico bisogno di riscatto, dall’esigenza di rimarginare le ferite inflitte dai bombardamenti della seconda guerra mondiale con il fervore di numerose iniziative, tra le quali deve essere annoverata anche la Biennale organizzata dalla Scuola d’Arte “Juana Romani”, sita in via Novelli. Il festival della canzone veliterno, nato inizialmente in correlazione con i festeggiamenti di carnevale, conobbe fin dall’inizio un grande successo, soprattutto per la partecipazione di grandi artisti quali Carla Boni, Gloria Christian, Fausto Cigliano, Jimmy Fontana, Nunzio Gallo, Gino Latilla, Natalino Otto, Flo Sandon’s, Claudio Villa, Achille Togliani e Nilla Pizzi che vinse l’edizione del 1957, la quinta, con il testo Dicembre mi ha portato una canzone. Voci conosciute e nomi celebri che sono emersi grazie al lavoro di recupero dell’Università del Carnevale e ai suoi ricchi archivi fotografici, dai quali è possibile rinvenire tra tante immagini la presenza di Gianni Morandi, ma anche degli illustri presentatori del festival, come Enzo Tortora, Lello Bersani e Corrado.
Un aureo periodo di nove anni durante i quali il Teatro Artemisio si popolava fino a esaurire i posti disponibili e si tentava di condividere anche con gli esclusi, costretti al freddo invernale, l’aria di una canzone, istallando degli altoparlanti per la città castellana. A interrompere il breve idillio fu la congiuntura tra l’aumento dei costi, lo scandalo sulla manipolazione dei voti e lo scarso interesse della Rai, già dirottata da anni alla valorizzazione di un unico Festival della canzone italiana, che determinarono la perdita degli sponsor. Così nel 1961, cinquantasette anni fa, chiudeva l’esperienza alternativa del Festival Veliterno, una vera e propria sfida al monopolio sanremese che nel 1953, nonché per gli anni successivi, risultava ancora possibile vincere. Ed è forse questo il dato più interessante da memorizzare, perché accanto ad altre eccellenze veliterne scomparse, in particolare nel campo del patrimonio archeologico, artistico, architettonico e paesaggistico, sia salvaguardato il ricordo del festival cittadino che per lungo tempo ha costituito, e costituisce ancora oggi, la più temibile nemesi di Sanremo.
Un aureo periodo di nove anni durante i quali il Teatro Artemisio si popolava fino a esaurire i posti disponibili e si tentava di condividere anche con gli esclusi, costretti al freddo invernale, l’aria di una canzone, istallando degli altoparlanti per la città castellana. A interrompere il breve idillio fu la congiuntura tra l’aumento dei costi, lo scandalo sulla manipolazione dei voti e lo scarso interesse della Rai, già dirottata da anni alla valorizzazione di un unico Festival della canzone italiana, che determinarono la perdita degli sponsor. Così nel 1961, cinquantasette anni fa, chiudeva l’esperienza alternativa del Festival Veliterno, una vera e propria sfida al monopolio sanremese che nel 1953, nonché per gli anni successivi, risultava ancora possibile vincere. Ed è forse questo il dato più interessante da memorizzare, perché accanto ad altre eccellenze veliterne scomparse, in particolare nel campo del patrimonio archeologico, artistico, architettonico e paesaggistico, sia salvaguardato il ricordo del festival cittadino che per lungo tempo ha costituito, e costituisce ancora oggi, la più temibile nemesi di Sanremo.