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Le metamorfosi del patriottismo italiano

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Una premessa indispensabile a questa scorsa sull’argomento: questa mia distinzione tra patriottismo e nazionalismo.


di Pierluigi Starace



Il nazionalismo, del quale gli esempi tipici risalgono alla Francia, Inghilterra e Spagna del tardo medioevo, esprime la tendenza ad un’espansione territoriale illimitata del dominio d’uno stato. Il rapporto con gli altri stati è basato o su una richiesta spesso ricattatoria d’alleanza, o, in caso di resistenza, sulla guerra. Il nazionalismo è stato legato a regimi monarchici prevalentemente assolutistici. Il patriottismo, invece, nel proprio, riconosce anche il patriottismo di altri popoli, e cerca di armonizzarvisi, in uno slancio verso la federazione, sia immediata, sia proiettata nel futuro. E’ stato ed è legato, almeno generalmente, a regimi repubblicani. L’idea moderna di patria, concepita dall’anima di Thomas More, nasce repubblicana, oltre che comunista e fondamentalmente cristiana. E proprio in questo suo aspetto religioso, è anche pacifista. Però More pone due limitazioni, entrambe basate sul fondamento della patria, alla rinuncia all’esercizio della forza: in caso d’aggressione armata d’un nemico, ed in caso di aiuto militare ad un popolo oggetto d’aggressione armata da parte d’un altro. Oltre alle prime espressioni storiche repubblicane moderne (la confederazione svizzera, quella del le sette province unite olandesi) c’è è la ribellione dei coloni americani di George Washington contro il monarca inglese. Ce lo ricorda anche il titolo di un film che la riguarda ,“The patriot”. Il poeta inglese Gordon Byron, per quanto suddito di quel sovrano, senza alcun timore dell’opinione pubblica del proprio paese, paragonava Washington a Leonida, e, concretamente, profondeva danaro per finanziare la lotta armata dei carbonari nello stato pontificio contro la teocrazia ed in Grecia contro il dominio turco. Un “Amour sacré de la patrie”è cantato nella “Marsigliese”. Quella prospettiva animante chi la cantava di liberare l’Europa da troni imperiali e monarchici venne disgustosamente stravolta e capovolta da Napoleone nella sanguinosissima fondazione d’un effimero impero addirittura a base familiare. Ma quella sacralità venne ripresa fino in fondo, in chiave assolutamente laica ed anticlericale, da Mazzini. Dio, Patria. “La santa, vittrice bandiera” dice Manzoni del tricolore del marzo 1821. Questa santità affascina a tal punto dei sacerdoti, che concepiscono di poter armonizzare in sé i due termini in una identificazione totale. Don Enrico Tazzoli e, due confratelli, incriminati dalla polizia austriaca, vengono impiccati tra il 1851 ed il ’55 presso Mantova. (Non risulta che Pio IX abbia mosso un dito presso Radetsky, artefice della “bonifica”.) Questa sublime identificazione fu poi difficilissimamente applicabile in concreto, perché ognuno dei due termini aveva la tendenza potenziale ad esser assoluto, ovvero ad assorbire in sé l’altro. In altre parole, per la chiesa tutto il sacro era in Dio, e per il patriota tutto il sacro era nella patria. A questo punto una grande svolta. Vittorio Emanuele II, in fregola di allargamento del suo piccolo Piemonte, per “caricare” le sue truppe tira fuori “Il Dio degli eserciti”. Gli va bene, e va male a Mazzini, proclamato da lui “nemico della patria”. Il re camuffato da patriota impone lo stemma savoiardo al tricolore, la “marcia reale” come inno nazionale, e perfino il grido di battaglia, che non è “Italia!” ma “Savoia!” (Una regione fuori dai nostri confini fisici e politici.) E’ allora che avviene nella nostra opinione pubblica una dannata confusione, nonna di quella odierna, tra il vero ideale repubblicano mazzininano - garibaldino ed il nazionalismo dinastico del monarca sabaudo. Neanche una generazione dopo siamo alla svolta imperialista.Il kapò di questa operazione concepita dal “re buono” Umberto I è un Giuda che ha barattato l’ideale garibaldino giovanile col seggio di primo ministro, Francesco Crispi. L’Italia unita aggredisce l’Eritrea e l’Abissinia per un mix di business e prestigio internazionale, il cui conto viene fatto pagare sia dai nativi, presi a cannonate e fucilate,sia dai nostri contadini meridionali trasformati in invasori. All’ombra del tricolore sabaudo scorre il sangue degli uni e degli altri, e la patria dell’eroe liberatore di schiavi instaura nell’isola di Nocra una Cayenna dove vengono annientati i difensori del proprio suolo. Non basta: Crispi, usa la stessa ferocia mandando l’esercito contro i suoi figli o fratelli siculi, quando si ribelleranno, coi “fasci ” alla sua infame politica di favoreggiamento degli schiavisti agrari che lo hanno eletto, e di dissanguamento fiscale per finanziare le guerre savoiarde. ( continua)

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