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Analisi d’un crimine criminogeno “Tu chiamale se vuoi, omissioni…”

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Diceva l’atto di dolore del catechismo di Pio X:”…ho peccato in pensieri, parole, opere ed omissioni…”. Questa parola era stata messa alla fine forse perché queste erano considerate meno gravi. 

di Pierluigi Starace




E forse ancora per questo le omissioni, soprattutto da parte delle istituzioni pubbliche e private, almeno in Italia, sono in così formidabile rimonta su tutti i comportamenti socialmente pericolosi. Eppure, ed è questo lo scopo dell’articolo, non sono assolutamente meno dannose di crimini più appariscenti. Nella fase iniziale di funzionamento dei lager nazisti dei parenti d’un detenuto greco tentarono di scrivere all’indirizzo del lager dove egli era finito. Non ebbero risposta. Quando oggi, in conclamata democrazia, un sindaco, un dirigente scolastico o d’un ente assistenziale non rispondono ad una richiesta di vitale importanza per che la compie, questo comportamento che azzera l’interlocutore e prova l’azzeramento dell’umanità dell’omissore di risposta, è identico a quello dello “unterschftfuhrer “ nominato da Himmler. L’omissione di risposta è la madre di tutte le altre omissioni. L’omissione può produrre il danno direttamente. Quando un responsabile d’un ospedale omette, senza inconfutabile motivazione, di accogliere un paziente in gravi condizioni, e costui muore nel tragitto verso un altro nosocomio, chi ha omesso ha perpetrato il crimine di omicidio. Quando un sindaco omette di reperire un alloggio per una famiglia di disperati sgombrata prima delle feste natalizie, e la notte muore di freddo un neonato di quella famiglia, l’omissore ha perpetrato il crimine d’infanticidio. Quando un agricoltore “ripulisce” col fuoco un tratto di strada dalle sterpaglie, perde il controllo delle fiamme, e per paura non chiama i pompieri, lasciando che l’incendio investa anche abitazioni, l’omissore ha perpetrato il crimine di strage. L’omissione può esser generata anche in modo indiretto, catalizzando un processo produttivo di danni da omissione che hanno origine da un atto la cui responsabilità è in capo a chi l’ha perpetrata. Quando un governatore regionale taglia ospedali, posti letto e personale costringe in futuro, con statistica prevedibilità, le superstiti strutture ad omettere il soccorso ad un certo numero di pazienti. L’efficienza criminale di questo tipo di atto è misurabile: è direttamente proporzionale all’entità del taglio. Quando Trenitalia o Italo omettono d’installare sui loro convogli il dispositivo che ne impedisce la partenza se le porte non sono tutte chiuse, il crimine omissivo è alla radice degli incidenti che si verificassero, e sono gli amministratori delegati di questi “dinosauri” a doverne rispondere. Una terza specie di omissione, che può esser considerata superficialmente non grave, lo è in effetti, perché criminogena, e tutti i crimini da essa innescati dovrebbero cadere in capo al suo autore. Quando un impiegato INPS, o d’altri “burosauri” omette di “lavorare” una pratica per sussidio di disoccupazione o assegno di cassa integrazione, e, a causa di ciò, una famiglia resta per mesi senza un euro di entrate, se il padre si trova un lavoro nero per il pane, e, per il companatico, la figlia si fa “regalare” qualcosa da un benefattore non disinteressato, e il figlio spaccia qualche grammo di sostanze vietate, la colpa di tutto ciò dovrebbe ricadere sull’omissore. I nostri legislatori, buona parte dei quali si porta appresso pendenze penali, e taluno molte, non sembrano i più adatti per una crociata contro il crimine omissivo, al quale molti devono “parecchio”. Parecchio invece potrebbe fare la magistratura, usando fino in fondo le specie penali dell’omissione di soccorso, d’atto d’ufficio, sospensione di pubblico servizio. Proprio la magistratura dovrebbe capire la surrettizia efficienza criminale e criminogena del crimine omissivo, più pericoloso del “”ziklon B”, perché non solo invisibile, ma immateriale, a costo zero,e, quasi, a rischio zero.

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