Aveva destato scalpore, sia a livello mediatico che sui social, l'intitolazione di una strada di Velletri a Davide Cervia. La mozione, proposta dal consigliere pentastellato Paolo Trenta e approvata dal Consiglio, adesso è oggetto di una lettera della famiglia del GE rapito che chiede la revoca.
VELLETRI - Ricordare con una piazza, un largo o una strada una personalità della nostra città strappata tragicamente nel lontano 1990 alla sua famiglia sarebbe sicuramente il minimo da fare, soprattutto nei confronti dei suoi cari e della dignità che hanno sempre mostrato nel condurre una battaglia verso la verità. Ma la signora Marisa, il simbolo del coraggio e della tenacia, e i figli Erika e Daniele, firmatari della lettera, non ci stanno: non è una questione di pesantezza, né tanto meno di mancanza di attenzione, ma inserire Davide in una serie di intitolazioni che ha fatto molto discutere e che ha portato molti consiglieri ad astenersi o a non votare svilisce il carico emotivo che il gesto stesso di deliberazione avrebbe dovuto portare con sé. La storia di Davide Cervia, che è stato sottratto - per utilizzare un termine di Papa Giovanni Paolo II proprio in relazione al caso - alla sua vita merita una particolare analisi e non può essere messa sullo stesso piano di intitolazioni che hanno a che fare con personaggi spesso fuori dal contesto cittadino e in una seduta consiliare dove si è approvato un blocco di nomi, da destra a sinistra, senza entrare nel merito. Una faccenda come quella del GE rapito dovrebbe essere ben più sentita nella comunità, dopo ventisette anni in cui grandi assenti sono stati proprio i membri delle istituzioni, come denunciato a più riprese dalla famiglia Cervia. Un padre, un marito e un professionista: Davide è sparito nel nulla tornando a casa, in contrada Colle dei Marmi, nelle campagne a Nord di Velletri. Da quel maledetto 12 settembre la moglie, Marisa, non ha smesso un solo giorno di cercare la verità e nonostante la stanchezza che potrebbe derivare dal trovarsi di fronte un muro di gomma ha continuato a sensibilizzare l'opinione pubblica, parlare argomentando, alzare la voce per ottenere risposte che riguardano, prima di tutto, un uomo e un cittadino italiano non tutelato abbastanza dallo Stato. Il contesto in cui si è materializzata l'approvazione della mozione per una strada a Davide Cervia, dunque, non rende giustizia al caso: questa è la tesi che portano avanti i familiari e che li ha indotti a protocollare una lettera in cui si chiede espressamente di rinunciare alla mozione, pur ringraziando Paolo Trenta del Movimento Cinque Stelle di Velletri che l'ha proposta in maniera spontanea. Un gesto forte e coraggioso, ancora una volta, che esprime la reale necessità dei familiari di Cervia: quella di avere la verità, e non un cartello vuoto di significato che in molti, passando, potrebbero anche non attribuire alla tragica storia che si cela sotto questo nome.