Seconda parte della nuova puntata della rubrica archeologica: "Il Campo Marzo", a cura del Gruppo Archeologico Veliterno e del professor Ciro Gravier.
Il pronao comprende 16 enormi colonne corinzie monolitiche di granito egizio (diametro alla base: 1m48) che formano tre navate. In fondo al pronao, ai due lati della porta centrale d’ingresso (alta 7m53 e larga 4m45), si aprono due nicchie nelle quali erano situate le statue dei due consoli dell’anno 27: Marco Vipsanio Agrippa e Ottaviano Augusto.
Fu Augusto a volerlo, contro l’idea di Agrippa di porne una statua colossale al centro della cella: piuttosto che prendere il posto centrale nell’Olimpo, Augusto preferì restare essere umano e magistrato romano. Il timpano del frontone presentava una ricca decorazione di bassorilievi in bronzo: secondo alcuni era una enorme aquila ad ali spiegate con una corona di quercia nel becco (l’aquila che in quel luogo trasportò Romolo in cielo), secondo altri era la rappresentazione della lotta dei Giganti contro Giove (Gigantomachia: metafora della lotta di Augusto contro le potenze ostili a Roma e alla civiltà). Le figure erano fissate con perni di cui si vedono ancora i numerosissimi fori nel muro. Le travature erano di massiccio bronzo dorato, e furono fatte asportare da papa Urbano VIII Barberini nel 1633 per la costruzione delle colonne tortili del baldacchino di San Pietro (opera eccelsa di Bernini) e di 80 cannoni per Castel Sant’Angelo, per cui fu messa in giro la celebre pasquinata giunta fino a noi “Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini”. In linea retta verso nord, prossimo al Tevere, a soli 700 m. dal Pantheon, un altro edificio circolare intraprese Augusto a costruire come sepolcro per sé ed i suoi: il Mausoleo, che – secondo Strabone – era il monumento più bello del Campo Marzio. Ce lo descrive così: “...un grande tumulo che sorge lungo il fiume sopra un alto basamento di marmo bianco ed è ricoperto fino alla sommità di alberi sempreverdi; in cima è l’immagine di bronzo di Cesare Augusto, e all’interno del tumulo sono le urne di lui, dei suoi parenti e degli amici più intimi, mentre dietro vi è un grande recinto sacro che offre meravigliose passeggiate …” Augusto ne concepì l’idea in Egitto, dove – dopo la vittoria su Marcantonio e Cleopatra – fece un po’ di turismo e si recò a visitare ad Alessandria la presunta tomba di Alessandro Magno. Né ignorava l’esistenza e la forma di altri simili monumenti greci: primo fra tutti il Mausoleo di Alicarnasso, senza dire delle tombe etrusche. Di ritorno a Roma, a partire dal 29, pensò dunque di avviarne la costruzione. Nel 28 i giardini all’intorno erano già aperti al pubblico. Il luogo scelto fu vicinissimo al Tevere in voluta opposizione ideologica e pratica all’intenzione di Marcantonio di costruirne uno per sé ai bordi del Nilo ad Alessandria che si figurava dovesse diventare la nuova capitale dell’Impero. Il monumento era un edificio circolare che posava su un basamento alto 12 metri e dal diametro di 87 metri (quasi il doppio della cella del Pantheon!) ed era sormontato da un tumulo piantato di cipressi. Il tumulo, a sua volta, girava intorno ad una struttura a tholos (la quale poggiava su un anello murario più interno) terminante in una trabeazione dorica, da cui svettava la statua di Augusto, probabilmente una replica in bronzo dorato di quella di Prima Porta. Si accedeva all’interno attraverso un lungo corridoio, al termine del quale si trovavano, a destra e a sinistra, due obelischi (i quali forse, vi furono collocati più tardi da Claudio o, ancora più tardi, da Domiziano: essi si trovano ora l’uno all’Esquilino dinanzi a Santa Maria Maggiore, e l’altro alla Piazza del Quirinale sulla fontana dei Dioscuri). Ai lati dell’ingresso furono collocate su due pilastri le lastre di bronzo con incise le Res Gestae. Al centro del vasto spazio si apriva l’ambiente funerario, una sala rotonda di 9 m. di diametro e 45 m. di altezza (ancora una volta, più del Pantheon!), destinato ad ospitare l’urna del princeps. Tutt’intorno correva un corridoio di servizio per tre nicchie rettangolari destinate ai membri della famiglia. È certo che in quella di sinistra c’erano le urne di Ottavia e di Marcello. Gli altri membri della famiglia che vi furono sepolti, prima di Augusto, furono: Azia, Agrippa, Druso Maggiore, Lucio e Gaio. Dopo Augusto, vi furono sepolti Druso Minore, Germanico, Livia, Tiberio, Agrippina, Caligola, Giulia Livilla, Drusilla, Britannico, Claudio e Poppea. Ne furono esclusi Nerone e Giulia “per indegnità”. In seguito vi furono collocate le urne di Vespasiano e quelle di Nerva e infine, di Giulia Domna (moglie di Settimio Severo).