Diario di Murasaki Shikibu, a cura di Carolina Negri, Venezia, Marsilio, 2016, pp. 126, € 12,00.
Prima di parlare dell'opera, è bene precisare che cosa si intendeva per "diario" nel Giappone premoderno. La parola che lo indica, nikki, letteralmente significa "cronaca della giornata", ma all'inizio indicava le cronache ufficiali scritte in cinese dai funzionari della Corte.
Nel 935 ci fu una svolta: il poeta e critico Ki no Tsurayuki scrisse un testo in giapponese, il Tosa nikki (Diario di Tosa [Tosa è un nome di luogo]) in cui narrava esperienze proprie, in un misto di prosa e versi e assumendo l'identità di una donna. Questo aprì la strada a un nuovo genere di diari, scritto da donne e di carattere autobiografico: non una narrazione di eventi giorno per giorno, ma una narrativa della memoria. Un'altra differenza dei nikki giapponesi rispetto ai diari occidentali era che non si trattava di scritti destinati a rimanere segreti, ma rivolti ad un pubblico, e quindi anche con obiettivi didattici o politici, come questo diario di Murasaki. La prima parte narra il parto dell'imperatrice, Fujiwara no Shoshi (988-1074), presso cui la dama-scrittrice prestava servizio, e la descrizione della magnificenza della Corte e dei festeggiamenti per celebrare la nascita del nuovo imperatore esaltano la grandezza del Reggente imperiale Fujiwara no Michinaga (966-1028), padre dell'imperatrice e figura dominante dell'epoca. Altri passi, in cui si descrivono l'aspetto e il carattere delle altre dame in contrapposizione a un modello ideale, fanno pensare a una finalità didattica. Murasaki aveva una figlia e forse questa parte del testo (anche in questo caso l'originale è andato perduto) era destinata proprio a lei. Tra i suoi giudizi, è celebre quello su Sei Shonagon, al servizio della corte rivale e autrice delle Note del guanciale, un altro testo pionieristico della letteratura giapponese, di cui parlerò la prossima settimana. La definisce "troppo presuntuosa" e trova che ostenti una cultura che in realtà non ha e che sia destinata a fare una brutta fine. La durezza del suo giudizio ha fatto pensare per secoli ad una rivalità personale, magari dovuta alla differenza di carattere, ma recentemente si è arrivati a dare importanza alle ragioni politiche, visto che Sei Shonagon era al servizio della prima moglie dell'imperatore, che quindi si trovava ad essere rivale dell'altra. Il diario è importante anche perché prova, attraverso vari riferimenti, che Murasaki è effettivamente l'autrice della Storia di Genji: si parla delle richieste di copiare i capitoli, di parti fatte circolare dopo essere state rubate, e della vergogna della scrittrice per aver fatto leggere ad altre persone dei capitoli che non le piacevano più. I geni non si rendono mai conto fino in fondo di esserlo! Nonostante questo diario sia meno personale e lirico di altri, Murasaki parla anche di sé, descrivendosi come introversa e poco amante della mondanità. E' pronta a dare giudizi severi sugli altri, ma non è più indulgente con sé stessa. Si trovava in servizio a Corte subito dopo la morte del marito e in quel momento si sentiva sola e preoccupata per il futuro. Ecco un passo in cui esprime questi sentimenti: "All'alba guardavo fuori le oche che si divertivano spensierate sull'acqua: Sono forse diverse da me/ le oche sull'acqua del lago? Anche io come loro/mi lascio trasportare/dalle onde della vita. Quelle oche sembravano serene, ma probabilmente anche loro dovevano soffrire molto come me". L'associazione della natura con i sentimenti umani e la poesia racchiusa tra una breve introduzione e una breve conclusione sono caratteristiche tipiche della prosa dell'epoca, portate alla perfezione nella Storia di Genji.