Non dimenticate di venire oggi alle 18.30 al chiostro della casa delle culture di Velletri. Ingresso libero.
di Alberto Pucciarelli
VELLETRI - Quello del Chiostro è un evento molto particolare, tanto particolare che si è sentita la necessità di alcune parole di presentazione, oltre alle note che già trovate in sala (ovvero nel chiostro). Particolare, si diceva, per due motivi: per lo spettacolo in sé e per la personalità dell’autore.
Lo spettacolo è costituito da un dramma in atto unico, diviso in pochi quadri, che l’autore ha scritto nel 1950 e, per varie vicissitudini, nonostante l’interesse di Orazio Costa e di Luchino Visconti (che invece diresse la messa in scena de L’Arialda), non è stato mai rappresentato. È dunque una prima mondiale, certamente italiana per quello che è dato sapere, questa lettura in forma scenica. Merito o colpa, si vedrà, del gruppo di lettura “Il mio mondo della lettura” diretto da Pasquale Larotonda che ha avuto l’idea di osare, finalmente rispetto ai soliti panorami, qualcosa di raffinato, unico e fuori tempo. Perciò è come se assistessimo, nell’epoca degli effetti speciali e del molto colore, anche metaforico, ad un film in bianco e nero, ma di indubbio valore (forse qualcuno ricorderà che quattro o cinque anni fa a vincere l’Oscar fu un bellissimo film in bianco e nero, e addirittura muto, che si chiamava The Artist) Perché in bianco e nero? Perché è un lavoro di introspezione che privilegia la sostanza. È inoltre uno specchio della poetica dell’autore combattuto tutta la vita tra una visione mistico-religiosa e la rivolta (qui il pensiero corre anche ad Albert Camus) contro Dio, a causa e in considerazione del male che è sempre in agguato verso l’uomo in una vita ‘assurda’. Suor Marta, entrata in convento sulla ‘rosea’ spinta dell’apparizione della Madonna, verrà aggredita nell’anima dalla bestia del male che la porterà alla morte in una sorta di auto distruzione. Gli altri assistono, tanto impotenti quanto, forse, indolenti, ad esacerbare maggiormente la disperazione dell’Essere Uomo. Un accenno infine a Giovanni Testori, nato nella periferia milanese nel ’23 e scomparso per malattia nel capoluogo lombardo nel ’93. È stato intellettuale a tutto tondo, come si dice con frase fatta, e ha spaziato in ogni campo della letteratura; grandissimo saggista di cose d’arte, poeta e drammaturgo, e eccelso scrittore che all’epoca rivoluzionò lo stile con una prosa limpida e diretta che bene rappresentò l’universo della gente di periferia. Fratello, per così dire, di Pasolini, con il quale ha condiviso i temi, le contraddizioni, la situazione, all’epoca molto scandalosa, dell’essere omosessuale e le disavventure di censura e giudiziarie conseguenti (imperava allora il ‘rigidissimo’ procuratore Carmelo Spagnolo) poi risolte. Ha avuto solo la sfortuna di essere più schivo e meno political-mediatico. Oggi tutti conoscono (in verità moltissimi solo di nome e per episodi, non ultimo la tragica fine) Pasolini, molto pochi conoscono Testori che, strettamente in punto di scrittura e di stile, è forse superiore. Verificare per credere, andando a leggere, a proposito dall’uscire dai soliti noti, le sue opere di grande spessore (e la sua poesia intensissima) e magari considerare l’infinita bibliografia specialistica che lo riguarda. Ripetiamo, questo autore non ha avuto la fortuna (ad eccezione di un film bello ma ‘difficile’ come Rocco e i suoi fratelli) di essere ‘assistito’ e ripreso mediaticamente e dalla “settima arte” come accaduto ad esempio per Tomasi di Lampedusa con il suo Gattopardo, Bassani con Il giardino dei Finzi-Contini, o La ragazza di Bube di Cassola. Dunque rimane per i più uno sconosciuto, ma illustre in verità e in buona compagnia di tanti altri artisti di valore; come, recente esempio il grande poeta Giorgio Caproni che, complice una Scuola ingessata e arretrata, ha avuto bisogno della citazione in una traccia di tema per essere ‘scoperto’. Intanto stasera, in tutta modestia ma con grande passione e impegno, cominceremo a scoprire attraverso la rappresentazione simbolica, la lucida e forte analisi del dramma della vita proposta dallo spirito libero di Giovanni Testori che non accampa scuse per le sue scelte e i suoi dubbi: “se è bestemmia / pensarti inesistente / non Ti chiedo pietà. / Davanti a Te / che ritenevo Dio, / alzo come un pugno / la mia idiota realtà …”. (forse idiota nel senso di buono come in Dostoevskij?)