Il Comandante Alfa, al termine della presentazione di Io vivo nell’ombra, ha gentilmente rilasciato una breve intervista incentrata sull’approfondimento di tre temi in particolare emersi dal dialogo con Ezio Tamilia e con il pubblico.
di Rocco Della Corte
VELLETRI - Senso della patria, motivazione dei giovani e il sapere dall’interno, senza poterlo rivelare e senza potersi rivelare, determinate questioni riguardanti le sorti di tutta la popolazione.
Comandante, uno dei concetti più forti e forse oggi ‘snobbati’ dall’opinione pubblica è quello del senso della patria. Negli incontri che fa, anche in un contesto come quello di stasera, a suo avviso il pubblico recepisce il messaggio che lei cerca di dare o vede ancora una tendenza disfattista?
No, non vedo affatto disfattismo. Anzi, in tutta sincerità, come stasera stessa, la risposta è più positiva di quanto non mi aspettassi. E questo soprattutto dai giovani e dai bambini. Io spero di contribuire a questo risveglio del senso della patria, che in altri Stati esiste e invece qui ultimamente è un po’ scemato. Spero che questo risveglio si verifichi quanto prima.
Lei ha posto l’accento sulla tipologia di persone che si possono cimentare nell’esperienza dei GIS: preferite la testa al fisico. Ci sono persone giovani e motivate, in questo periodo storico particolare, che intraprendono questo tipo di attività?
Penso di sì. Almeno a ciò che i giovani mi dicono e mi scrivono. La gioventù è cambiata, certamente, ma bisogna che i giovani abbiano testimonianze ed esempi da seguire. Senza immodestia, credo che noi, la nostra squadra e il nostro lavoro rappresentino un esempio di spirito di sacrifico, rinunce, abnegazione. I sacrifici però non ci pesano. Quindi, per tornare alla domanda, penso che ci siano questi giovani. Bisognerebbe seguirli un po’ di più, dialogare con loro, parlarci e soprattutto ascoltarli.
Pensa che la gioventù sia sottovalutata?
Sì, penso che sia molto sottovalutata. I giovani hanno bisogno di esempi da seguire, o più in generale di personaggi positivi. Io sono ottimista riguardo questo tema, i giovani sono il nostro futuro e dobbiamo credere in loro. Fare un lavoro così pieno di rischi presuppone di essere sempre informati, o aggiornati, su quello che succede e che un cittadino comune non vede.
Come ci si sente a sapere che tante cose non usciranno mai sui giornali o in tv, o comunque arriveranno in maniera diversa alla gente?
Non è un problema, anzi dico di più: vivere nell’ombra aiuta a servire meglio lo Stato. Sempre tenendo presente che lo Stato siamo noi. Questo ci aiuta ed è una cosa positiva e non negativa, anche ai fini della tutela della collettività.
Con Io vivo nell’ombra è alla sua seconda esperienza letteraria: come è stato l’approccio alla scrittura, e cosa ha rappresentato per lei? Un modo di liberarsi o di comunicare in maniera differente tematiche difficili?
Il mio obiettivo è quello di dare un messaggio preciso agli italiani e ai giovani, ovvero spiegare cosa significhi raggiungere uno scopo complicato e i sacrifici che si devono fare per certi traguardi. Cerco poi di far conoscere il mio reparto, di cui ho vissuto l’intera evoluzione in oltre quaranta anni. Spero che gli italiani e soprattutto i giovani sappiano che ci sono questi ragazzi disposti a tutto, lavorando dietro le quinte, con rinunce giornaliere e pronti ad aiutare il prossimo addestrandosi duramente.