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Liberazione, "La libertà non ha età" al Teatro di Terra: le parole di Edoardo Menicocci (GD)

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Questa iniziativa nasce dalla consapevolezza di quanto, purtroppo ancora ad oggi, sia fondamentale la lotta al fascismo - vedendo di fatto che l’ideologia continua ad essere di facile dimora soprattutto tra i nostri coetanei - e dalla consapevolezza del nostro ruolo storico e politico. 

di Edoardo Menicocci
Segretario GD - Discorso integrale


Penso al risultato preoccupante delle elezioni di ieri in Francia, dove la Le Pen si piazza al secondo posto, che ci porta a dover necessariamente sperare nella vittoria di Macron al ballottaggio.
A noi va dunque il compito della memoria e dell’informazione, perché come diceva Calamandrei: «La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare», e come ci ha detto Giuliano: «La libertà si conquista giorno per giorno, però si conquista anche sulle cose concrete». Partendo dalla concretezza e dai fatti di questi ultimi giorni abbiamo deciso di intitolare questa iniziativa e questa giornata di festa a Gabriele Del Grande che proprio oggi è rientrato in Italia. Gabriele è un giornalista e documentarista italiano di 35 anni che vive a Milano e che è stato in Turchia dal 7 aprile per realizzare delle interviste a dei profughi siriani per il suo ultimo libro, un’opera sulla guerra in Siria e sulla nascita dell’ISIS. Tre giorni dopo, il 10 aprile, viene incarcerato dopo essere stato fermato dalla polizia al confine con la Siria. Per 9 giorni non gli è stato riconosciuto neanche il diritto di fare una telefonata. Una volta riuscito a contattare la propria famiglia ha comunicato il suo posto di reclusione e che avrebbe iniziato uno sciopero della fame. Ci siamo imbattuti per la prima volta in Gabriele 2 anni fa con la proiezione del film qui al Teatro Artemisio: “Io sto con la sposa”, uno dei suoi tanti lavori di testimonianza della dura vita dei migranti. Il suo percorso inizia nel 2005 con la ricerca del numero esatto delle vittime nel Mediterraneo. Nel gennaio 2006 crea un blog per pubblicare tutti i risultati delle sue ricerche e nonostante il numero elevatissimo (circa trentamila negli ultimi trenta anni) si rende conto ben presto che i numeri da soli non riesco a trasmettere la gravità della situazione. Servivano le storie. Capisce che “trentamila morti” non vuol dire niente, ma Tahrir e Rashida vogliono dire tutto. Vogliono dire un nome, una persona, una vita. Nella scelta di chi abbandona il proprio paese c’è un riconoscimento del primato dei propri desideri, del primato della propria libertà, della propria ricerca della felicità e c’è il desiderio di dire che nessun essere umano è illegale. Mettendo al centro le storie e non i numeri abbiamo deciso di raccontarvene una: quella di Giuliano Aureli, presidente dell’A.N.P.I. di Velletri, premiato neanche un anno fa con la Medaglia della Liberazione, che ha potuto vedere con i propri occhi e vivere sulla propria pelle il costo della libertà.

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