In questi ultimi anni si sono affacciati sul mercato gli hard disk allo stato solido come soluzione alternativa agli hard disk “tradizionali” meccanici.
di Stefano Ruffini
Gli hard disk allo stato solido o SSD (acronimo di Solid State Drive) sono delle unità formate da circuiti integrati (insieme di transistor ed altri componenti) dove vengono memorizzati i dati. Sono diversi dagli hard disk tradizionali in quanto non hanno parti meccaniche (piatto, testina, braccetto mobile e motore elettrico) e per questo sono resistenti agli urti e alle usure fisiche.
Sono i parenti più affidabili e sofisticati delle memorie all’interno delle chiavette USB, dei cellulari o dei tablet. Altre caratteristiche favorevoli sono la silenziosità, il minor calore generato ed un consumo di corrente bassissimo utile nei notebook quando sono alimentati a batteria. Non necessitano di deframmentazione ed hanno dimensioni ridotte pari ad un disco da 2,5”. Ma la loro superiorità sta soprattutto nella velocità di scrittura e lettura dei dati, decine di volte superiore a qualsiasi altro disco tradizionale, caratteristica che li candida ad essere il sostituto d’eccellenza nella catena dei “colli di bottiglia” che rallentano un computer. Esistono anche modelli più piccoli e più veloci che si collegano alla scheda madre nell’alloggiamento PCI express, per intenderci dove vengono installate le schede video (o altre schede) nei pc desktop, che però non tratterò in questo articolo. Attualmente gli SSD fanno parte della dotazione standard dei soli pc e Mac di fascia alta ma nulla vieta di installarlo autonomamente in un computer di fascia media o bassa, magari un po’ datato. Personalmente ne ho installati una decina ed ho potuto constatare i netti benefici. Vediamo adesso i “contro” rispetto i dischi meccanici. La vera e propria nota negativa risiede nel prezzo; gli attuali dischi SSD hanno un costo maggiore dei tradizionali e più aumenta la capacità di memorizzazione e più in proporzione aumenta il divario dei prezzi. Fortunatamente, grazie all’ottimizzazione dei processi di produzione e alla loro diffusione, questo divario sta scendendo di anno in anno e non è lontano il giorno in cui i prezzi delle due tecnologie si incontreranno. Gli altri “contro” sono per me tutti trascurabili. Si parla di una minore durata degli SSD: minore solo in teoria, in quanto per motivi meccanici, sballottamenti, picchi di calore e stress vari succede spesso che a morire siano prima i dischi tradizionali. In ogni caso la durata media di un SSD è molto alta ed è monitorabile con programmino liberamente scaricabile dai siti dei produttori; per fare un esempio pratico il mio pc è dotato un disco solido di prima generazione, tra quelli più economici dell’epoca e, dopo 6 anni di uso quotidiano (compreso editing video, costruzione di siti web, ecc.), risulta essere al 99% della sua “vita”. La durata di un SSD è data dalle operazioni di scrittura (mai da quelle di lettura). Infatti le singole celle, quelle formate dai transistor contenuti nei circuiti integrati, hanno un numero “relativamente” limitato di scritture superato il quale non è più possibile utilizzarle: questo fatto comunque non comporta perdita di dati ma solo limitazioni graduali di capacità in termini di byte. Questa “relativa” limitazione nelle scritture, assolutamente trascurabile nell’uso normale di un computer, insieme al costo elevato degli SSD di grandi capacità fanno si che l’unico (per ora) uso sconsigliato sia come disco di frequente backup o di archiviazione di grosse moli di dati. Anche riporre un SSD in un cassetto per molto tempo senza usarlo può essere una pratica scorretta; gli SSD hanno bisogno per mantenere i dati di un minimo di carica elettrica; se questa con il tempo ed il calore ambientale si esaurisce, gli hard disk possono perdere dati (ma non si guastano, si potranno comunque riutilizzare). Anche questo problema riguarda casi limite in quanto il degrado “statistico” inizia dopo circa due anni a temperatura non superiore ai 30 gradi, temperature maggiori però possono accorciare questo tempo anche di parecchio. Poiché gli svantaggi, come descritto, riguardano solo alcuni casi particolari, consiglio a chiunque sia un po’ “smanettone” di installare gli SSD sui propri computer; uno singolo sui notebook, mentre sui desktop l’abbinamento ideale è un SSD per il solo sistema operativo e programmi (C:) ed un secondo hard-disk (D:) meccanico di grande capacità per i soli dati (foto, video, musica) e backup; la modifica gioverà anche ai vecchi computer! L’unico requisito per l’installazione degli SSD è avere il controller del disco di tipo “SATA” (e non ad esempio il vecchissimo IDE); i computer equipaggiati di controller “SATA” esistono da più di una decina di anni quindi nella maggior parte dei casi l’installazione sarà possibile. Per essere sicuri di disporre di un controller “SATA” (in parole povere per verificare che ci sia l’attacco giusto dell’ hard disk sul computer) consultare le caratteristiche tecniche della propria macchina o leggere: https://it.wikipedia.org/wiki/Serial_ATA. Con meno di 100 Euro (anche molto meno) si può acquistare un SSD da 500 Gb. Per sostituirlo ad un disco fisso meccanico esistente senza perdere i dati è sufficiente clonarlo. A questo proposito ci sono programmi che partendo da un Cd masterizzato o acquistato eseguono la clonazione. Alcuni sono gratuiti (Clonezilla), altri a pagamento (Acronis True Image), alcuni permettono di clonare un disco solo se il sorgente (l’hard disk meccanico) è della stessa capacità o più piccolo del disco target (SSD), altri, più sofisticati, riescono a clonare un disco anche quando il target è di minore capienza a patto che il sorgente non sia completamente pieno di dati. Questi software sono inoltre inclusi nei KIT di “aggiornamento” insieme agli SSD; infine esistono delle basi chiamate “docking station”, solitamente usate per collegare gli hard disk “sfusi” ai computer via USB, che hanno due alloggiamenti SATA ed un pulsante con quale è possibile clonare in maniera rapida due hard disk senza dover usare alcun software.