Sono passati ormai dodici anni dall'inaugurazione del Teatro "Tognazzi", splendida arena nella prima periferia di Velletri.
Intervista a cura di Rocco Della Corte
Con la collaborazione di Valentina Leone
VELLETRI - Dopo un lungo periodo di chiusura, dal 2014 molto è cambiato e gran parte del merito va al direttore Roberto Becchimanzi e al suo staff. Attore di professione, insieme alle sue socie Sara e Sabrina ha completamente rilanciato l'attività del grande Teatro cittadino, con un cartellone ricco di appuntamenti e spettacoli di qualità. Sold out, l'apertura della stagione con Pino Insegno e Roberto Ciufoli, solo domenica scorsa lo spettacolo per la regia di Elena Sofia Ricci. Per tributare una realtà sempre più importante e radicata nella città di Velletri, la nostra Redazione ha deciso di intervistare il direttore del "Tognazzi"Roberto Becchimanzi.
Direttore, con un cartellone così ricco e con una risposta di pubblico così calorosa le soddisfazioni stanno sicuramente arrivando. Facendo un passo indietro, quando e come è iniziata la vostra esperienza a Velletri?
La nostra esperienza a Velletri è iniziata due anni e mezzo fa. Quando siamo arrivati più di qualcuno aveva predetto per noi una brevissima permanenza. Approdammo qui nel luglio 2014, dopo la chiusura per motivi burocratici del Teatro "Europa" di Aprilia, che dirigevo. Ho scoperto allora che il "Tognazzi" era chiuso da circa dieci anni, e che dopo una inaugurazione nel 2004 questo teatro ha vissuto pochissimo.
Cosa vi ha spinto a prendere in gestione il Teatro e quale fu lo spirito che vi mosse ad avvventurarvi in un'impresa di certo non facile?
Il Teatro "Tognazzi"è un luogo bellissimo, posso dire, da attore, che fa invidia ai teatri delle grandi città. Dirigendo una compagnia teatrale ho calcato molti palchi, e questo è un teatro straordinario. Non appena lo abbiamo visto, io e le mie due socie ce ne siamo innamorati decidendo di vivere questa avventura e fare questa scommessa. Considerato che nel dicembre 2016 possiamo vantare tre sold out consecutivi e quanto sia difficile oggi portare la gente a teatro possiamo dire che questa scommessa sta andando bene.
Il nome di Ugo Tognazzi a Velletri è molto importante. Avete avuto rapporti con Gianmarco, figlio del grande attore, molto attivo nel panorama culturale veliterno? In generale come si vive il Teatro a Velletri?
Quello di Ugo Tognazzi è senz'altro un nome importante, ma ha detto bene qualche giorno fa Gianmarco Tognazzi sul palco di questo teatro per una conferenza: si è lamentato del fatto che molti giovani a Velletri non ricordano e non sanno chi sia Ugo. Dalle sue parole nasce una riflessione: questa è una città particolarissima e dal punto di vista culturale eccezionale perché ha avuto l'onore di ospitare gente come Tognazzi, Volontè, Eduardo, il mio maestro e maestro di tutti i napoletani che fanno teatro eduardiano come me. Ci rendiamo conto? Eduardo ha camminato per queste strade... questa è una città che dovrebbe vivere essenzialmente di teatro. Al mio arrivo ho fatto dei calcoli e mi sono detto: questo è un teatro di 500 posti, a Velletri ci sono 60.000 abitanti. Basterebbe che l'1% di chi vive qui andasse a teatro una volta alla settimana e saremmo sempre al completo. Purtroppo non è esattamente così. Ma non mi stancherò mai di ripetere che il teatro è la vita, e noi possiamo far vedere teatro di qualità a tutti, anche nelle matineè che sono molto soddisfacenti per l'entusiasmo che mostrano i giovani. La nostra missione è far capire a tutti che il teatro non è noioso, lo abbiamo dimostrato con Pirandello, Shakespeare, Eduardo...
Il pubblico oggi è molto esigente, così come è difficile gestire un teatro e far fronte alle esigenze di chi lo frequenta. In tal senso come si gestisce il "Tognazzi"?
E' sicuramente un'impresa economica importante, ma noi non rinunciamo alla funzione educativa. C'è e fa bene il divertimento, ma non dimentichiamo gli spettacoli sul femminicidio, sulla giornata della memoria, oppure quelli di Moliere. La nostra proposta è mista, c'è il divertimento e ci sono spettacoli di grande spessore culturale, ai quali arriva magari meno gente, ma è concepibile. Tendenzialmente la gente oggi vuole in particolare divertirsi, però il teatro con la "T" maiuscola è cultura e non solo la grande risata; diciamo che è una risata riflessiva o una riflessione triste che ci porta a governare meglio i nostri comportamenti il giorno dopo.
Vista la sua passione nei confronti del Maestro Eduardo può raccontarci qualche aneddoto vissuto insieme a lui? E soprattutto è a conoscenza dei racconti che vedono protagonista Eduardo a Velletri, accerchiato dalla gente in Piazza Cairoli che gli chiedeva di recitare le sue poesie?
Non ero a conoscenza di questi aneddoti, ma anche io ho dei ricordi personalissimi del Maestro. Le mie origini sono a S. Giorgio a Cremano e il nome di questo paese significa Massimo Troisi, che era poco più grande di me. S. Giorgio a Cremano era una città teatrale come tutto l'hinterland napoletano. Mi piace citare appunto Eduardo, che diceva: "Napoli è un teatro antico, sempre aperto, ci nasce gente che senza cunciert (preparazione, ndr)scende per strada e sap recità". I napoletani hanno la recitazione nel DNA, senza bisogno di una preparazione accademica, e non è un luogo comune. Dal mio paese partivano i pullman per il Teatro S. Ferdinando quando recitava Eduardo. Io ho avuto una storia particolare perché a 20 anni, ancora studente universitario, lavoravo per la casa editrice Einaudi e la fortuna ha voluto che fosse assegnato a me il banchetto di libri al S. Ferdinando. Tutte le sere si vendevano i cofanetti delle commedie di Eduardo e io avevo l'onore di poterlo guardare sempre. Quello che mi ricordo è la sua manina che usciva a fine spettacolo, aprendo la tenda del sipario: la gente non se ne andava perché voleva vedere il maestro dopo la fine dello spettacolo, e lui ancora con gli abiti di scena si affacciava e diceva "Ma mo perché nun ve ne iat?" (Ma ora perchè non ve ne andate, ndr). La gente voleva che recitasse le sue poesie.
Parlare di Eduardo a Velletri è difficile e facile allo stesso tempo. Ma voi cominciaste proprio dal Maestro con il primo cartellone...
Sì, esatto, abbiamo cominciato con una stagione dedicata ad Eduardo. Siamo riusciti a portare bellissime compagnie napoletane e mettere in scena nove commedie di Eduardo. Fu un cartellone molto frequentato.
Rispetto all'esperienza di Aprilia, come recepisce Velletri la programmazione, gli spettacoli e le attività del "Tognazzi"?
Ci sono tante differenze. Ad Aprilia, per esempio, ho organizzato il primo cartellone nella stagione 2012-2013 e ottenni 500 abbonati subito. Specifico che si trattava di un cartellone senza nomi famosi. La differenza che noto, finora, è la fame di teatro di Aprilia che qui non riscontro, nonché l'orgoglio degli apriliani di avere un teatro cittadino, che è l'unico. Qui non c'è ...ancora... lo stesso orgoglio di andare a teatro, i pienoni a Velletri non sono all'ordine del giorno anche se stiamo parlando di due città grandi con un numero di popolazione non molto differente.
Eppure, guardando la lista degli artisti nati, vissuti, o residenti qui, Velletri dovrebbe essere più abituata alla cultura e al teatro rispetto alla città. Questo come ve lo spiegate?
Culturalmente dovremmo essere in una città più aperta al Teatro. Tanto per citare i più famosi, pensiamo a Tognazzi, Gassman, Volontè, alle loro partite a tennis, ai loro pranzi. Naturalmente occorre una programmazione oculata, altrimenti non si va avanti. Restando con i piedi per terra si può crescere, cominciando con compagnie di qualità, che non significano per forza grandi nomi. Ci sono migliaia di compagnie che fanno un teatro eccezionale e non sono composte da attori famosi. Ho portato qui compagnie eccellenti... se si comincia così si arriva poi a costruire uno zoccolo duro di spettatori che danno poi, in un futuro, la possibilità di chiamare il nome.
Tema spinoso è quello della collaborazione tra gli addetti ai lavori: Velletri vanta tante compagnie teatrali, ognuna con il suo seguito. Si è mai provato, anche magari da parte vostra, a creare una sinergia?
Sì, i tentativi sono stati fatti ma la risposta è stata negativa. A Pulcinella il padrone disse "Dimmi quello che vuoi, ti do ciò che vuoi, ma ad Arlecchino darò il doppio. E Pulcinella rispose 'cavami un occhio, così ad Arlecchino li cavi entrambi". E' una battuta, ma davvero alle volte pur di non collaborare, pur di non contribuire al successo degli altri preferiamo far fallire tutto. Avevamo individuato e predisposto un bando per un Festival Teatrale dei Castelli Romani, pensato proprio per le compagnie che vogliono finalmente esibirsi in un teatro.... grande. Sarebbe stata l'occasione per mettere alla prova le proprie ambizioni: spesso dalle compagnie amatoriali si passa al professionismo. Ho chiesto una cifra di iscrizione anziché un affitto, ma, in cambio, le compagnie avrebbero ricevuto parte cospicua dell'incasso, praticamente sarebbero rientrati tutti con le spese. Si è iscritta una sola compagnia di Montecompatri. Nessuna compagnia di Velletri ha pensato di aderire. Avevo individuato una giuria, creato una vetrina per tutti gli amatori... non si è fatto vedere nessuno. Ci sono stati vari approcci, ma niente di concreto.
Come si spiega questa mancanza di dialogo? E cosa si può fare per riscoprire le radici storiche e teatrali di Velletri, magari anche con progetti innovativi?
Non so perché non si riesca a fare niente insieme. Posso dire che abbiamo avuto anche un'altra idea: un attore apriliano, Giuliano Leva, ha inventato un percorso culturale e storico, intervistando persone anziane della città per far rivivere la storia con testimonianze dirette. Ho appoggiato il progetto e cercato di portarlo a Velletri, avrei voluto dare la possibilità - come teatro - di costruire questa storia dei velletrani che ricordano, e questi personaggi particolari sarebbero venuti qui con una scaletta, una idea di spettacolo che si sarebbe costruito insieme. Ed il teatro non sarebbe costato nulla, l'avremmo messo a disposizione gratuitamente. Dopo vari incontri con diversi personaggi del posto, dopo il grande entusiasmo iniziale, piano piano si sono tutti defilati. Volevamo cercare e rappresentare le storie della città, ma non siamo riusciti.
Un'ultima domanda, di carattere tecnico. cosa ha il Teatro "Tognazzi", programmazione a parte, di più rispetto ad altri teatri proprio dal punto di vista strutturale?
Il teatro è moderno e costruito in maniera intelligente. Basta guardare i camerini. Io nella mia carriera da attore ho recitato a Napoli, Roma, Mlano, Trento, Gorizia, Messina... a Zurigo! Di palchi, di quinte e di camerini ne ho visti tanti ma nessun ambiente è bello e pulito come questo. Qui abbiamo praticamente un albergo: aria condizionata, bagni, luci, spazi ampi. Anche questo aspetto va valutato quando si lavora, senza contare il parcheggio, lo scarico del camion con le scene che si può fare direttamente sul palco, i cinquecento posti a sedere. Fino ad oggi, non so perché, le compagnia amatoriali hanno avuto timore a rappresentare i loro spettacoli al Tognazzi. Io sono portato a vedere comunque il lato positivo delle cose: il teatro si fa per il pubblico, altrimenti non ha senso.. e il pubblico pian piano ci sta premiando.