E' terrificante, affascinante, come un input per la nostalgia immaginare dei bambini che un tempo scendevano le scalette della loro abitazione per recarsi in piazza a giocare, in attesa della cena e dopo aver fatto i compiti per la scuola del giorno successivo.
E' un tuffo al cuore immaginare i taglialegna nei sottoscala tornare con il loro carico da sistemare, mentre i vini fermentano nelle cantine coperte da alberi ormai spogli che d'estate danno un'ombra tanto necessaria quanto rassicurante. "Ma per le vie del borgo, tra 'l ribollir de' tini"è un verso che a Civita di Bagnoregio assume il sapore di una surreale verità, diventando copione di una fedele sceneggiatura ormai non più portata da anni - purtroppo - nel teatro che sono le strade cittadine.
Una città che muore, come sta scritto sui cartelli che la indicano tra le statali e le provinciali del viterbese, ma sopravvive grazie all'interesse destato dai turisti che decidono di fare la 'scarpinata' sul lungo ponte pedonale - costruito nel 1965 - per immergersi in un posto dove il tempo si è fermato.
Dalle mura delle case ormai chiuse riecheggia la solitudine dei dodici abitanti, privi di qualsiasi servizio e quindi diventati stoici resistenti in un mondo che sembra essersi staccato dalla "Civita". Un agglomerato di case curato, dal sapore antico ma allo stesso tempo rassicurante, dove ogni pioggia è un pianto di angeli per non far dimenticare la storia, le usanze, la cultura e soprattutto le bellezze paesaggistiche di un'oasi che si è ritagliata il suo spazio sul pianeta. Le botteghe tipiche di un tempo, gli orari scanditi dalle abitudini paesane, e il silenzio che avvolge come una coperta di lana la sera al calar del sole, adesso non ci sono più.
Civita vive grazie alle centinaia di turisti che ogni giorno la popolano, attratti da quella preannunciata morte, andando a scattare foto, immortalare scorci e fiori, gustare le prelibatezze tipiche nei ristoranti che propinano deliziose specialità di funghi, focacce, zuppe, frutta. Nelle cucine, invece, i fornelli sono invecchiati sotto la polvere, le camere da letto restano senza vedere luce da anni, nessuno più passeggia per i vicoli del paese andando a trovare il vicino o andando a richiamare il figlio che ha fatto tardi a giocare in piazza. Un microcosmo che rapisce il cuore, un flashback all'indietro ed un senso di smarrimento misto a speranza per un futuro da ricercare nell'irrazionale: questa è Civita di Bagnoregio, circa un centinaio di km a Nord di Roma, ultimo baluardo di un mondo che lascia spazio solo alle metropoli e all'amalgama anonima. E con i profumi inebrianti dell'autunno per le vie del borgo, aguzzando le orecchie, sembra di sentire di nuovo il "ribollir de' tini"...