Oggi il Parco di S. Maria dell’Orto è un grande polmone verde cittadino. Ma quei pini secolari nascondono sotto di sé una storia importante, fatta di religione e turismo. E la fonte, ormai a secco da anni, fu celebre in tutta la penisola.
di Valentina Leone
VELLETRI - Cinque lunghe canne contraddistinguono l’antica Fonte di Santa Maria dell’Orto, da decenni orfane dell’acqua che un tempo usava attraversarle e ricadere tintinnante sul fondo rettangolare della fontana.
Il lento e drastico abbandono di questo sito fu dovuto a motivazioni ancora in parte dibattute, legate, a seconda delle letture, a un’originaria non potabilità dell’acqua o a un boicottaggio subìto dalla fonte che osò intaccare gli interessi che gravitavano intorno alla fonte di Fiuggi. Le prime attestazioni storiche provengono da un documento del 1346, che riferisce l’intenzione di restaurare la fontana di Santa Maria dell’Orto e non precisa particolarità benefiche dell’acqua. Il nome della fonte non indica, come potrebbe sovvenire facilmente, la protezione di Maria sulle attività contadine, ma deriva dalla vicina chiesa omonima dedicata alla nascita di Maria e denominata secondo gli sviluppi della parola latina ortus, indicante proprio il momento della natività. Di questa chiesa collocata fuori dalle mura cittadine, tenuta prima dalle monache benedettine e in seguito dagli agostiniani, non rimangono ora che poche rovine progressivamente svuotate delle loro ricchezze: la tavola dell’Annunziata portata a San Martino nel 1817, il Crocifisso che fu trasferito nel 1976 nella Cappella dell’Immacolata presso la Cattedrale di San Clemente e l’affresco del Crocifisso, restaurato dopo i danni causati dalla guerra, staccato e conservato nel Museo Diocesano. Nei primi anni del Novecento terminarono i nuovi lavori di ristrutturazione della fontana di Santa Maria dell’Orto, evento che portò in breve alla notorietà dell’acqua e alla scoperta delle sue proprietà antiuriche e digestive. Nel discorso pronunciato durante la festa inaugurale del 10 agosto 1902 l’Ufficiale Sanitario Comunale Egisto Cavicchia, davanti ad un folto pubblico con in prima fila l’Onorevole Menotti Garibaldi, riportò le numerose qualità dell’acqua, soffermandosi in particolare sul prestigio che di riflesso cadeva su Velletri. Del 1907, inoltre, la testimonianza schietta e pittoresca del costruttore Bucci Felici: «Andavo spesso soggetto a coliche renali per renelle e calcoli, che dopo crisi terribili riuscivo ad emettere con l'orina. Incominciai a bere l'acqua di S. Maria dell'Orto, e col suo uso non solo mi liberai dagli accessi colici, ma potei espellere dei calcoli della grandezza di un oliva, senza alcun dolore». L’acqua di Santa Maria dell’Orto, grazie ai suoi ormai proverbiali effetti, cominciò a essere imbottigliata, colorate etichette sancirono l’avviamento di un commercio fervente che puntava a incentivare il prestigio della fonte, premiata, entro la mostra delle acque minerali in provincia di Roma del 1907, con la medaglia d’oro. Le foto d’epoca restituiscono l’immagine di una tettoia in legno costruita a protezione della fontana, davanti numerosi tavolini distribuiti in ordine sparso e pieni di persone vestiti di abiti da festa. L’epoca d’oro dell’acqua di Santa Maria dell’Orto ebbe breve durata, la sua parabola discendente fu provocata, secondo alcune congetture ben radicate tra i più anziani cittadini, dal conflitto di interessi nato con la non troppo lontana Fonte di Fiuggi, in pochi anni divenuta secondaria meta del pellegrinaggio idrico. L’intervento diretto della amministrazione non è stato dimostrato in alcun modo, tuttavia doveva essere un’idea circolante al tempo se nel maggio del 1977, settant’anni dopo, il giornale «Nuova proposta» pubblicava la foto di un’iscrizione su un muro che denunciava come causa dell’inquinamento della fonte veliterna le bustarelle inviate dal famoso centro termale ciociaro. La vitalità che aveva caratterizzato fino ad allora questo luogo andò presto scomparendo, alla costante armonia dell’acqua corrente si sostituì presto il vuoto del silenzio, lo stesso che ci ricorda la ricchezza perduta di una Velletri riuscita per una volta a valorizzare una risorsa del territorio e l’ambiente circostante.
Le foto sono state gentilmente concesse da Guido Giani