Giace al di sotto della Velletri solitamente popolata una città sepolta, dalla vegetazione e dalla terra, dall'incuria o più spesso dal tempo.
I suoi tratti somatici rimangono confusi per i non addetti, eppure i pochi eletti che si sono votati per mestiere alle esplorazioni speleologiche stanno tentando di rendere noto il volto inedito di una Velletri sotterranea che attende con pazienza di essere resa percorribile anche dai non specialisti.
In particolare il CRS (Centro Ricerche Sotterranee) Egeria, il cui nome si ispira alla ninfa scioltasi in pianto per amore e trasformatasi in fonte, negli ultimi anni si è prodigato in numerose iniziative di ricerca che hanno portato a un decisivo avanzamento delle conoscenze speleologiche del territorio dei Castelli Romani, compiendo studi specifici ad esempio sugli emissari artificiali del lago di Nemi e di Albano, quest’ultimo oggetto di recenti sondaggi diretti a superare le difficoltà di percorrimento imposte dall'alto livello dell’acqua e dalla struttura geologica del sito. Una delle iniziative dell’associazione ha riguardato l’ispezione dell’acquedotto Fontana, ripresa nel 2014 dopo circa trent'anni di avviamento di un progetto di ricognizione, sulle basi di segnalazioni giunte da esperti locali, con l’aggiunta di una nuova rilettura delle fonti bibliografiche che hanno portato alla considerazione di ulteriori punti di accesso.
Non solo l’esplorazione di questa opera idraulica, ma anche la sua stessa costruzione fu molto tribolata. La realizzazione dell’acquedotto, infatti, affidata all’architetto Giovanni Fontana (1540-1614), fu completata nel 1612 in seguito a molteplici problemi causati dai continui perforamenti delle condutture. Il percorso ha una lunghezza complessiva di circa 15 km e si snoda in una zona di pertinenza dei Comuni di Nemi e Velletri, a partire da Valle delle Colombe fino a piazza Garibaldi. La costruzione dell’acquedotto, non più attivo dagli anni Settanta, è in parte sotterranea e in parte in superficie, alcune parti sono franate per i crolli ma in compenso esistono porzioni ben conservate che potrebbero essere destinate a una valorizzazione turistica. In determinati passaggi è anche possibile ammirare elementi architettonici che fanno da corona all’acquedotto, come il cosiddetto “Arcaccio”, ovvero un ponte in mattoni rossi nei pressi di Fontana fiume, e la “Scalaccia” sotto il S. Raffaele, insieme a punti di osservazione geologica quale è la vena di basalto visibile presso l’entrata della località Porta di ferro. L’acquedotto Fontana, oltre a rappresentare un luogo di innegabile interesse culturale, può fornire lo spunto per lanciare la proposta di una mappatura della Velletri sotterranea che consenta sia agli studiosi che ai cittadini di comprendere realmente la topografia di questa realtà nascosta.
Tra i cunicoli seicenteschi dell’acquedotto Fontana, avvicinandosi verso Velletri, si trovano di frequente pareti azzurrine, a volte vergate da scritte novecentesche che inneggiano o, al contrario, si oppongono al regime fascista, aprendo una vera e propria stratigrafia storica che attraversa i secoli. Una restituzione complessiva dei tracciati sotterranei significherebbe in primo luogo scoprire una rete viaria, densa di reperti archeologici, cisterne, ipogei, cripte, condotti idraulici, rifugi bellici, che abbraccia tutto il periodo compreso tra l’età romana e il Novecento. Un progetto forse utopico, ma non impossibile che potrebbe essere realizzato ancora più rapidamente con la collaborazione dei privati. Anche dietro il muro di una cantina dimenticata si può davvero celare un patrimonio comunitario.
Non solo l’esplorazione di questa opera idraulica, ma anche la sua stessa costruzione fu molto tribolata. La realizzazione dell’acquedotto, infatti, affidata all’architetto Giovanni Fontana (1540-1614), fu completata nel 1612 in seguito a molteplici problemi causati dai continui perforamenti delle condutture. Il percorso ha una lunghezza complessiva di circa 15 km e si snoda in una zona di pertinenza dei Comuni di Nemi e Velletri, a partire da Valle delle Colombe fino a piazza Garibaldi. La costruzione dell’acquedotto, non più attivo dagli anni Settanta, è in parte sotterranea e in parte in superficie, alcune parti sono franate per i crolli ma in compenso esistono porzioni ben conservate che potrebbero essere destinate a una valorizzazione turistica. In determinati passaggi è anche possibile ammirare elementi architettonici che fanno da corona all’acquedotto, come il cosiddetto “Arcaccio”, ovvero un ponte in mattoni rossi nei pressi di Fontana fiume, e la “Scalaccia” sotto il S. Raffaele, insieme a punti di osservazione geologica quale è la vena di basalto visibile presso l’entrata della località Porta di ferro. L’acquedotto Fontana, oltre a rappresentare un luogo di innegabile interesse culturale, può fornire lo spunto per lanciare la proposta di una mappatura della Velletri sotterranea che consenta sia agli studiosi che ai cittadini di comprendere realmente la topografia di questa realtà nascosta.
Tra i cunicoli seicenteschi dell’acquedotto Fontana, avvicinandosi verso Velletri, si trovano di frequente pareti azzurrine, a volte vergate da scritte novecentesche che inneggiano o, al contrario, si oppongono al regime fascista, aprendo una vera e propria stratigrafia storica che attraversa i secoli. Una restituzione complessiva dei tracciati sotterranei significherebbe in primo luogo scoprire una rete viaria, densa di reperti archeologici, cisterne, ipogei, cripte, condotti idraulici, rifugi bellici, che abbraccia tutto il periodo compreso tra l’età romana e il Novecento. Un progetto forse utopico, ma non impossibile che potrebbe essere realizzato ancora più rapidamente con la collaborazione dei privati. Anche dietro il muro di una cantina dimenticata si può davvero celare un patrimonio comunitario.
Valentina Leone