Il monte Artemisio, formatosi circa 360.000 anni fa in conseguenza alle prime eruzioni del Vulcano Laziale, veglia da tempo immemorabile sulla città di Velletri.
Antichi segni di nuclei insediativi provengono dalle sue cime spesso innevate: il monte Peschio (939 m), il maschio d’Ariano (891 m) e il maschio dell’Artemisio (812 m), immobili scrutatori di destini incrociati.
Le solitudini dell’Artemisio, comprese nel Parco Regionale dei Castelli Romani, si popolano soprattutto nelle mattine domenicali, con processioni di fedeli che si dirigono verso la fonte dell’Acqua Donzella, luogo di apparizioni mariane, ed escursioni di appassionati e timidi esploratori alle prime armi.
Una sbarra metallica segna il limite invalicabile per le macchine e l’inizio di percorsi, fruibili ai pedoni e ai ciclisti, che portano nel cuore di un bosco suggestivo dove aceri, olmi e faggi hanno resistito al rimboscamento di castagneti avvenuto, in tutta l’area dei Colli Albani, a partire dal XVIII secolo. Uno dei sentieri, caratterizzato da una pendenza costante, si inerpica sul maschio d’Ariano, consentendo di coniugare all’esperienza di un’immersione nella natura incontaminata l’esplorazione di un sito storico, in un ambiente dove gli interventi umani sono limitati a offrire una segnaletica puntuale ed esauriente. Il maschio d’Ariano infatti, probabilmente all’origine del toponimo della città di Lariano, è stato da alcuni studiosi identificato come l’antico Mons Algidus, nominato nel Carmen saeculare di Ovidio come sede di un tempio di Diana e luogo degli scontri tra i romani e gli equi narrati da Tito Livio. Non sono rimaste tracce della battaglia del Monte Algido del 458 a.C., legata al console Lucio Quinzio Cincinnato, mentre evidenti sono le cicatrici lasciate sul terreno da frequentazioni ancora più antiche, databili tra il X e il VII secolo a.C., che sfruttarono la vicinanza del sito a strade antiche e importanti, come l’Appia e la via Latina, per edificare città dei morti. Bocche somiglianti a buchi neri manifestano la presenza di tombe che, con le loro diverse fogge, rafforzano l’identificazione del Monte Artemisio come uno dei punti strategici della zona, oggetto più volte, con corsi e ricorsi storici, delle mire espansionistiche dei potenti di turno. Il controllo del castello, costruito nel secolo XII sulla sommità del monte d’Ariano, divenne la facile proiezione dei conflitti che impegnavano il Papato e le principali famiglie nobiliari laziali nella spartizione del potere temporale.
Conteso tra i Conti di Tuscolo, gli Annibaldi e i Colonna il castello acquisì un’importanza sempre maggiore, sancita dall’inserimento della Castellania di Lariano, dalla quale dipendeva anche Genzano allora feudo dei Savelli, nelle Castellanie del Lazio meridionale. La vita della fortificazione, considerata potenzialmente inespugnabile per la presenza di una doppia cinta muraria, venne interrotta dall’intervento del papa Eugenio IV decisosi a distruggere il possedimento dei Colonna. Le truppe papali ricevettero il determinante aiuto di ottocento soldati veliterni, guidati da Paolo Annibaldi della Molara, che il 26 ottobre 1433 riuscirono a ottenere la resa dei colonnesi e distrussero il centro abitato, risparmiando per il momento il castello definitivamente distrutto nel 1463. Le rovine rimaste divennero poi, tra fine Settecento e inizio Ottocento, il rifugio della Banda dei briganti dalla Faiola capeggiata dal brigante Gasperoni che prendeva il suo nome dalla macchia boschiva attraversata dall’antica via Latina. Alla sua morte la notizia di un fantomatico tesoro nascosto sotto i ruderi provocò la rimozione di numerose pietre, resti di un patrimonio archeologico ormai quasi disperso.
I blocchi che ancora rimangono, ricoperti dal muschio, sono ora parte integrante del bosco e costituiscono lo scenario perfetto per ospitare una vista panoramica che, dal punto più alto, permette di spingere lo sguardo oltre l’orizzonte dominato da Rocca di Papa e dai Pratoni del Vivaro, spartiti tra Velletri e la stessa città rocchigiana. Con la sua ricchezza improvvida e inaspettata il Monte Artemisio si staglia su Velletri nella sua qualità di una meta arcana, ancora poco sentita dai cittadini, da attraversare nel rispetto solenne della flora e della fauna, e soprattutto della Storia che, fino alla Seconda Guerra Mondiale, ha continuato a passare di qui.
Valentina Leone