Quantcast
Channel: Velletri Life
Viewing all articles
Browse latest Browse all 7460

Il metodo "Canosa" per gli spazi culturali di Velletri?

$
0
0
Le volute della via Traiana, diramazione della via Appia antica che nel suo percorso da Roma a Brindisi intercetta anche Velletri, conducono direttamente nel cuore dell’antica Canusium, l’attuale Canosa di Puglia nella provincia di Barletta-Andria-Trani. 

La storia millenaria di questa città, fondata secondo la leggenda dall’eroe omerico Diomede, informa di sé l’intero paesaggio, lasciando un’impronta sensibile sul tracciato urbano moderno e sulla sua vocazione monumentale.
A rendere interessante un’escursione in questa città dell’archeologia, oltre al valore intrinseco dei reperti, è quello che è stato definito da alcuni esperti il “metodo Canosa”, ovvero una serie di iniziative culturali, sostenute dalla Fondazione archeologica canosina, volte alla conservazione, al mantenimento e all’apertura al pubblico dei siti di interesse archeologico. Presupposto di questo circolo virtuoso è un gruppo di esperti e amanti del proprio territorio che accompagnano i visitatori in una immersione totale in una storia che attraversa diversi tempi, da quello di dominazione dei Dauni, popolazione di origine illirica stanziatasi nella Puglia settentrionale nel periodo pre-romano, ai fasti del periodo imperiale, fino all’età paleocristiana-medievale.
La visita presenta un carattere avventuroso, innescato da un cammino itinerante che si snoda su tutta Canosa e prende avvio dalle sale del Palazzo Sinesi, sede espositiva di importanti reperti appartenenti alla Tomba Varrese, scoperta nel 1912. Il ricco corredo funerario, risalente al IV-III secolo a.C., documenta una fase di scambio attivo con la civiltà greca avente importanti influenze sulla produzione ceramica apula. L’esito più alto dell’abilità raggiunta dalle maestranze locali è testimoniata dai vasi policromi canosini: tre esemplari unici, per la forma e la caratteristica colorazione rosea, al centro pochi anni fa di un servizio televisivo di Alberto Angela. Il fervore del periodo dauno è provvisto, tuttavia, anche di un aspetto carsico che emerge solo con una ricognizione degli spazi sotterranei, punti cardinali della topografia della necropoli. Molti sono gli ipogei resi usufruibili grazie all’intervento della Fondazione, dal momento che questi siti di frequente insistono su zone attualmente sede di condomini o addirittura di edifici scolastici. Il particolare metodo canosino consente di visitare i siti in qualsiasi momento, senza problemi di orari o di gestione del personale di sicurezza, costituendo un modello esemplare anche per la città castellana. L’illuminazione, spesso offerta dai negozi circostanti, consente di riportare in vita le immagini incise sulla roccia nel IV secolo a.C., come avviene per l’Ipogeo dell’Oplita, così denominato dalla figura in bassorilievo di un milite, in parte lesionata da un tentativo di estrazione dei tombaroli, che appare ancora animata da un ultimo impeto bellico.
Scavato nell’argilla, l’Ipogeo del Cerbero presenta invece un affresco della creatura mitologica a tre teste, tradizionale custode dell’accesso agli Inferi, eccezionale per la presenza di una ombreggiatura al di sotto delle figure. Gli Ipogei Lagrasta costituiscono, infine, il più importante ed esteso complesso funerario di Canusium, caratterizzato da tre distinti ipogei risalenti al periodo dauno utilizzati fino all’epoca romana. Proprio alla fase di espansione imperiale appartengono alcuni monumenti che testimoniano l’ingegnosità romana: la Domus di Colle Montescupolo, anticamente proiettata sul foro della città, rappresenta uno dei casi di recupero in extremis, nel rispetto delle esigenze costruttive della Canosa moderna, di un bene archeologico inestimabile, emblema della potenza raggiunta in età augustea dai mercanti e del ruolo ricoperto da Canusium, altrimenti confermato dall’arco di Traiano e dal Ponte Romano in cinque arcate. A partire dal IV secolo d.C. la crescita di Canosa trova continuità nel periodo paleocristiano, durante il quale la città diventa sede della più importante diocesi di Puglia. L’apice è raggiunto con il vescovato di Sabino, vissuto tra il VI e il VII secolo e divenuto santo patrono della città, che si rende protagonista di un vasto programma di rinnovamento indirizzato a rendere effettiva, anche a livello architettonico, l’unione tra Costantinopoli e Roma, tra il mondo bizantino e quello occidentale. Tra i vari esempi possibili vanno ricordati la basilica di Santa Sofia, il battistero di San Giovanni e la stessa cattedrale di S. Sabino. Sono i resti della chiesa di San Leucio, però, a rendere armonico l’intero itinerario canosino sintetizzandolo, poiché l’area sulla quale si ergono le colonne del più grande edificio paleocristiano di Puglia era in antecedenza occupato da un tempio dedicato ad Atena Ilas, di cui si è conservato il volto della statua raffigurante la dea che lancia il suo sguardo protettivo in direzione della città.
Canosa rimane alla fine del viaggio uno stimolo per ripensare attivamente a un nuova manovra di avvicinamento tra il patrimonio archeologico, artistico e storico di ogni città e i propri cittadini. Se l’idea di esportare il “metodo Canosa” a Velletri rimane allo stato di proposta lanciata alle autorità competenti, più incisiva è un’altra analogia rilevabile: vicoli antichissimi e interminabili, infatti, attraversano i sotterranei delle due città, aprendo un andito a percorsi spesso sconosciuti agli stessi abitanti che nel caso veliterno verranno approfonditi prossimamente. 


  Valentina Leone

Viewing all articles
Browse latest Browse all 7460

Trending Articles