C’è una specie di curiosità in giro, soprattutto da parte di persone appartenenti ad un certo ambiente: queste maliziosamente vanno alla ricerca delle opinioni di noi sacerdoti a proposito degli atti impuri e si divertono un mondo nel metterle a confronto, provocando ilarità scomposta nei circoli dei buontemponi e confusione pericolosa nella mente delle anime semplici.
Questa volta il giochino era partito da un certo Claudio (il nome è fittizio) che, servendosi della posta elettronica, aveva spedito un messaggio ad un gruppo di sacerdoti, raccontando loro di essere un giovane (17 anni), alle prese con la propria sessualità e di conseguenza con tanti, ma tanti sensi di colpa. Pretendeva delle risposte (pubbliche). Presi l’iniziativa e partii col far conoscere il mio parere.
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Caro Claudio, quale ruolo ti piace rivestire, quello della vittima o quello dell'eroe? Le reazioni a quanto tu hai scritto sulla lussuria dominante in questo mondo ti offrono l'una e l'altra opportunità. Le due cose, secondo me, vanno prese nella giusta considerazione, perché l'una e l'altra potrebbero nascondere seri rischi. Hai i tuoi bei 17 anni, e, di questi, alcuni potrebbero esaltarne l'entusiasmo, la passione, il coraggio; altri l'immaturità, l'inesperienza, un certo fanatismo e addirittura una voglia di sesso malamente repressa. Non ho nessuna intenzione di schierarmi, perché vorrei tanto che tu uscissi dall'una e dall'altra situazione. E' sbagliato aggredirti con critiche pesanti, ma è sbagliato anche farti sentire il novello David che lotta contro il gigante. E il "gigante" questa volta non è cattivo perché, nella sua essenza, è un dono di Dio. David e il “gigante” sono un tutt'uno... sei TU, tu con la tua capacità di amare... tu con le pulsioni che all'amore forniscono anche il piacere. Non aver paura di scoprirti ben fatto secondo il desiderio del Creatore. Vivi la tua sessualità non tagliata fuori dal resto della tua esperienza... Ti è amica!... Non sacrificarla inutilmente ad un ideale fittizio di castità... E l'ideale della castità è fittizio quando manca il supporto di un progetto che la rende piacevole. La castità che si impone, perché c'è un comandamento che la pretende, non conoscerà mai il benessere della scelta gioiosa. Se l'essere casto significa non compiere un atto che chiamano impuro, il senso di colpa ucciderà un progetto di vita, senza per altro creare prospettive a più ampio respiro... Il confessore che chiede ancora "quante volte?", dimentica che dinanzi a sé ha una persona che non potrà crescere in generosità e amore, senza aver conosciuto prima le potenzialità di cui dispone. E "conoscere" non è “peccare”. - Padre, mi sono masturbato ed ho provato un immenso piacere!... - Figliolo, pensa quanto sarà più grande questo piacere allorché, nell'atto di amore, sarà il piacere anche dell'altra... Educare non significa reprimere una potenzialità, ma indirizzarla nella maniera giusta. Se il mondo è cattivo, se intorno abbonda la lussuria, se ci sono menti depravate... probabilmente ciò accade anche perché, chi aveva il compito di educare le coscienze, si è limitato a chiedere: "Quante volte?". Tu scrivi ancora: "Non possiamo fare a meno di notare con sdegno che dovunque andiamo si vedono giovani intenti ad attenzioni propriamente matrimoniali.". Claudio caro, nel momento in cui, rileggendo queste tue parole, avvertirai il fastidio di averle scritte, capirai forse di esserti sostituito, senza volerlo, alle coscienze altrui con la pretesa, per giunta, di essere tu nel giusto. Ciao, Claudio, ti ringrazio per aver creato il casino che hai creato con il tuo scritto!... Se un giorno ci capiterà di incontrarci e tu mi sceglierai come confessore, preparati alla domanda... "Quante volte?" .
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Probabilmente Claudio non era Claudio, probabilmente Claudio non aveva 17 anni, probabilmente Claudio era solo un adulto malizioso che voleva seminare confusione e contrasti tra noi sacerdoti. Potevo scegliere di soprassedere e lasciare ad altri il compito di rispondere, ma c’era profondo silenzio attorno a quel problema, silenzio che era facile interpretare come difficoltà a rendere pubblico il proprio pensiero a proposito dell’uso della sessualità in genere e in particolare in relazione alla masturbazione. Mi feci coraggio, ripeto, e con determinazione affrontai le ire dei benpensanti sempre pronti a risucchiare nei loro silenzi la malizia di chi gode dell’ignoranza altrui.